martedì 6 ottobre 2020
L’anno del 700° può essere l’occasione per rinverdire il filone di studi già lanciato da Leone XIII. Ancha attraverso una Cattedra di Teologia dantesca
Il monumento a Dante Alighieri in piazza dei Signori a Verona

Il monumento a Dante Alighieri in piazza dei Signori a Verona - Ansa/Filippo Venezia

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Nonostante l’emergenza sanitaria anche quest’anno, il 13 settembre 2020, è stato celebrato a Ravenna, nella basilica di San Francesco, il Dantis Poetae Transitus. L’antica cerimonia è la rievocazione del passaggio dalla terra al cielo, che i francescani dedicano a Dante, così come accade per san Francesco. L’evento ci ha introdotto al VII centenario della morte di Dante, che cadrà nel settembre 2021, ed è l’occasione giusta, nel senso montaliano del termine, per lanciare un appello a tutte le istituzioni universitarie del mondo cattolico, ma anche del mondo laico, affinché sia istituita la cattedra di Teologia dantesca. In verità, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, dall’anno accademico 2016-2017 esiste un progetto in tal senso, curato da Angelo Pellegrini, professore di Teologia dogmatica, ma il nostro appello, nel considerare la storia della cattedra di Teologia dantesca, si richiama esplicitamente al gesto di Paolo VI, che, con la Lettera apostolica Altissimi cantus (7 dicembre 1965), documento fondamentale nella storia del dantismo papale, volle, motu proprio, istituire una Cattedra di Studi danteschi, presso l’Università Cattolica di Milano, affidandone la realizzazione al rettore di allora Ezio Franceschini. Non è un caso che l’idea di dedicare a Dante un insegnamento teologico sia venuta ad un Papa, Leone XIII (1878-1903), all’interno di un contesto storico, politico e culturale molto particolare, quello della fine del potere temporale dei Papi, a seguito della Breccia di Porta Pia.

La cultura laica dell’Ottocento aveva provveduto al “recupero” di Dante, soprattutto in chiave anticlericale, considerando, dopo Bonifacio VIII, coloro che nella Chiesa avevano perseguitato perfino le opere dantesche, come il cardinale Bertrando del Poggetto, accanitosi, dopo la morte di Dante, sul trattato Monarchia. Quello stesso pensiero laico ottocentesco non considerava la fortuna del trattato, dopo il concilio di Basilea convocato da Martino V nel 1431, come dimostrano le argomentazioni del giurista Antonio de Rosellis, precettore di Enea Silvio Piccolomini, papa Pio II. Il dantismo leoniano mira a ricondurre Dante nell’alveo della cristianità e della sapienza cristiana, parallelamente al rinnovato interesse e studio della Summa di Tommaso d’Aquino (enciclica Aeterni patris, 4 agosto 1879). Fra il 1881 e il 1883 Leone XIII apre ai lettori sia la Biblioteca Vaticana che l’Archivio Segreto e fonda l’Istituto Leoniano di Alta Letteratura (15 gennaio 1887, divenuto poi Pontificia Università Lateranense), all’interno del quale affida a monsignor Giacomo Poletto (1840-1914) la cattedra di Teologia dantesca, prima cattedra di studi danteschi nata in Italia. Fu proprio Poletto a ricostruire il rapporto tra il dantismo di Leone e la Rerum novarumnel volume La riforma sociale di Leone XIII e la dottrina di Dante Alighieri (1898). Già dal 1881 papa Pecci aveva voluto ed attuato una revisione dell’Indice dei libri proibiti (catalogo del 1564), decidendo di escludere e rendere fruibile il trattato politico Monarchia di Dante, rimandando al mittente chi aveva impugnato il trattato dantesco come principale documento anticlericale. È il neotomismo, affacciatosi nella cultura europea e italiana del secolo XIX (“La Civiltà cattolica” nasce nel 1850), che presiede alla nascita della cattedra di Teologia dantesca, affinché il pensiero di Tommaso fosse conosciuto dai credenti e potesse generare un nuovo umanesimo. Il messaggio dell’enciclica Aeterni patris era rivolto a molti teologi e intellettuali cattolici che, dopo aver «messo in disparte il patrimonio dell’antica sapienza, vollero piuttosto tentare cose nuove che aumentare e perfezionare con le nuove le antiche».

Nel 1880, l’istituzione di un’Accademia tomistica, con sede a Roma, confermò la ferma volontà del Pontefice di dare impulso agli studi sul pensiero teologico dell’Aquinate. Nel decennio successivo sotto la spinta di Leone XIII venne istituita una cattedra di Filosofia tomistica presso l’università di Lovanio, mentre a Roma il Papa seguì personalmente i lavori di riedizione della Summa Theologiae. Nel 1914, sotto l’impulso di Pio X, successore di Leone XIII, la Congregazione per l’Educazione cattolica, dipendente dalla Curia romana, approvò una serie di ventiquattro tesi tomiste che nel 1917, durante il pontificato di Benedetto XV, entrarono definitivamente a far parte del corpus dottrinario ufficiale della Chiesa. Pertanto i papati di Pio X e di Benedetto XV, in tale contesto, diedero continuità al dantismo tomistico leoniano. La cattedra di Teologia dantesca, nella sua prima fase (1887-1913), dopo la morte di Poletto, fu ricoperta, tra gli altri, da Stefano Ignudi (1865-1945), francescano, rettore del Collegio Serafico Internazionale, autore di un Commento teologico-filosofico alla Divina Commedia, e Agostino Bartolini (1839-1916), artefice di una lettura spirituale del poema dantesco e autore, tra l’altro, di un Dizionario geografico-storico della Divina Commedia (1904).

Negli anni immediatamente precedenti il VI centenario era nato a Ravenna un comitato cattolico, presieduto dall’arcivescovo Pasquale Morganti, apertamente sostenuto sia da Pio X che da Benedetto XV, mentre la “Rivista di filosofia Neo-scolastica”, fondata nel 1909 da padre Agostino Gemelli, portava avanti il dibattito scientifico, indicendo un concorso sulle fonti filosofiche e teologiche di Dante e avviando così una serie di studi e di ricerche. È questa la temperie culturale, spirituale e teologica che sostenne la vita e l’esistenza della cattedra di Teologia dantesca nella sua prima fase. Nel 1913 il corso fu sospeso perché l’Istituto di Alta Letteratura fu chiuso, ma solo per qualche decennio, poiché nel settembre 1962, per volontà di papa Giovanni XXIII, la cattedra di Teologia dantesca, nella Pontificia Università Lateranense, fu ripristinata ed affidata a monsignor Giovanni Fallani. Grande mediatore tra la cultura cattolica e il mondo laico, Fallani tenne i suoi corsi fino all’anno della sua morte (1985), dando inizio, a partire da Poesia e teologia nella Divina Commedia (1961), ad un cospicuo filone di studi ( Dante poeta teologo, 1965, L’esperienza teologica di Dante, 1976), che, in occasione del centenario del 2021, promette e permette una rinnovata fioritura.

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