giovedì 10 settembre 2020
La regista palermitana Dante racconta il suo “Le sorelle Macaluso”, film emotivo e poetico tutto al femminile: «Tra vita e morte il confine è sfumato, là dove mobili e oggetti sopravvivono a tutto»
Una scena del film di Emma Dante “Le sorelle Macaluso” in concorso alla Mostra del cinema di Venezia

Una scena del film di Emma Dante “Le sorelle Macaluso” in concorso alla Mostra del cinema di Venezia - -

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Un album di famiglia tutto al femminile, un affresco emotivo e poetico che mette in scena cinque sorelle in tre diverse fasi della loro vita, alle prese con la morte, la malattia, la vecchiaia. Per la seconda volta in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, Emma Dante ha presentato al Lido Le sorelle Macaluso, sceneggiato con Giorgio Vasta ed Elena Stancanelli a partire dalla sua omonima pièce teatrale, che molto successo ha riscosso in tutto il mondo. Il film racconta infatti l’infanzia, l’età adulta e la vecchiaia di Maria, Pinuccia, Lia, Katia, Antonella, nate e cresciute in un appartamento all’ultimo piano di una palazzina nella periferia di Palermo. Una casa dove il tempo che passa lascia segni indelebili, tra chi ci è cresciuto e chi ancora ci abita, chi va via, chi resta e chi resiste dopo una tragedia mai dimenticata, che ha cambiato la vita di tutte. «Il film si allontana dal linguaggio teatrale – racconta la regista – mantenendo però un confine sfumato tra vita e morte e racconta lo stare insieme dei personaggi in una casa dove mobili e oggetti sopravvivono a tutto. Se questo grande corpo famigliare non fosse stato mutilato da una tragedia, la morte della ultimogenita, l’esistenza delle sorelle sarebbe stata diversa. Sul palcoscenico la famiglia Macaluso vive in uno spazio vuoto, astratto e surreale, mentre sullo schermo abita una casa reale, con oggetti e mobili che fanno parte della vita quotidiana.

La casa, che a teatro manca, al cinema diventa la sesta sorella, osservata dall’alto anche quando le stanze sono vuote, ma continuano a esistere. Ma la casa, un corpo destinato alla fine a rimanere solo, vuoto e nudo, è anche il mondo delle sorelle. Sopra c’è invece una colombaia affollata di volatili, “piccole persone” con una faccia e degli occhi che accompagnano tutta la vita delle sorelle. Perché i colombi per tutta la vita tornano sempre nel posto dove sono nati, e questo rafforza l’idea dell’appartenenza a un luogo. D’altra parte è naturale per me raccontare la società partendo dalla famiglia: in un interno domestico si riproducono in scala minore le regole sociali, le relazioni tra gli esseri umani e le infamie del mondo. La scena finale che ci riporta a quando le cinque sorelle erano ancora insieme e di spalle guardano il mare, che è anche l’immagine del manifesto del film, è un invito agli spettatori a far parte della famiglia Macaluso e a guardare nella stes- sa direzione delle protagoniste». Nei panni delle cinque sorelle ci sono dodici attrici: Donatella Finocchiaro, Alissa Maria Orlando, Susanna Piraino, Anita Pomario, Eleonora De Luca, Viola Pusateri, Serena Barone, Simona Malato, Laura Giordani, Maria Rosaria Alati, Rosalba Bologna, Ileana Rigano. Cinque ragazzine diventano infatti quattro adulte e poi tre anziane. «Tra le attrici che interpretano lo stesso ruolo non ho cercato una forte somiglianza fisica, perché volevo mostrare come il tempo agisce chirurgicamente sui corpi dei personaggi modificandoli. In Sicilia, quando invecchiano, alcune donne somigliano ai loro padri e infatti all’inizio pensavo di affidare l’anziana Lia a un attore. Il mio teatro è sempre esasperato, esagitato, mentre al cinema ho lavorato per sottrazione, anche se la ricerca della necessità di uno sguardo o di un gesto è identica».

«Siamo state chiuse dentro quella casa per due settimane – racconta Donatella Finocchiaro – perché era importante trovare una corrispondenza di gesti tra noi, un’armonia psicologica. Abbiamo fatto insieme tante letture, ci siamo rubate l’un l’altra il modo di fare, i gesti. Tutto il lavoro che abbiamo fatto nelle prove è stato fondamentale per il set». Distribuito da oggi nelle sale da Teodora, il film è prodotto da Marica Stocchi e Giuseppe Battiston per Rosamont, casa di produzione nata un anno fa, insieme a Rai Cinema. «Del lavoro di Emma – ha detto Battiston – mi ha sempre conquistato l’urgenza poetica e comunicativa che si esprimono attraverso sentimenti fortissimi, a volte violenti, ma che trasmettono necessità fuori dal comune. Emma non è una persona semplice, ma è la cosa più interessante che possa succederti. Lavorare con una regista donna è stato poi un privilegio che ha aggiunto qualcosa in più al progetto». E a proposito di questa insolita edizione del Festival la regista aggiunge: «Respirare male attraverso le mascherine ci rende consapevoli di non essere sani, anche se non siamo malati. Non dobbiamo festeggiare dimenticando quello che il mondo sta vivendo oggi, ma Venezia 77 ci ha dato la possibilità di ricominciare a sognare». E nel giorno in cui l’Academy stabilisce le nuove “regole di inclusione” per l’assegnazione degli Oscar, tese a promuovere la diversità nel mondo del cinema, la Dante commenta la decisione del Festival di Berlino di eliminare la differenza di genere per i premi agli attori, rigettata dalla Mostra di Venezia che non intende rinunciare alla distinzione tra attore e attrice. «Se non ci sono distinzioni tra registi uomini e donne non vedo perché debba esistere tra gli attori. È giusto giudicare la performance al di là del genere di appartenenza».

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