domenica 10 gennaio 2021
Belfast e Londra si preparano a celebrare, non senza gaffe, il secolo di uno stato artificiale fondato su discriminazioni che il tempo ha esacerbato
Scontri a Belfast, Irlanda del Nord, nel luglio 2009

Scontri a Belfast, Irlanda del Nord, nel luglio 2009 - Epa / Charles Mcquillan

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È curioso che il centenario della divisione dell’Irlanda cada proprio nell’anno in cui entra in vigore la Brexit con le sue inevitabili conseguenze sul confine interno dell’isola. Una coincidenza che di certo non favorirà una commemorazione condivisa come vorrebbe il governo britannico, che ha stanziato già oltre tre milioni di sterline per una serie di eventi e iniziative previste lungo tutto l’arco del 2021. Già prima di iniziare, le celebrazioni hanno fatto riemergere con forza il solco profondo che ancora oggi divide le due principali comunità nordirlandesi: quella cattolico-nazionalista e quella unionista-protestante.

Per comprenderne il motivo basta ricordare quanto accadde nel 1921 quando, dopo anni di sanguinose guerre anticoloniali, Londra impose all’Irlanda il durissimo compromesso della divisione. Non potendo più tenere a bada l’intera isola con la semplice repressione militare, gli inglesi concessero a gran parte di essa di diventare uno stato sovrano liberandosi dal dominio britannico. Il governo di Sua Maestà mantenne soltanto il controllo della zona industrializzata dell’isola – la provincia settentrionale dell’Ulster –, e creò un’entità politica mai esistita fino ad allora: lo stato dell’Irlanda del Nord, pari a circa il 17 percento del territorio dell’isola, formato da quattro contee a maggioranza protestante (Antrim, Armagh, Down e Londonderry) e due a maggioranza cattolica (Fermanagh e Tyrone).

I confini furono tracciati in modo del tutto arbitrario, al fine di assicurare complessivamente una maggioranza di due terzi ai protestanti e la divisione costituì il preludio di nuovi con-flitti, poiché fin dalla sua nascita lo stato dell’Irlanda del Nord fu fondato sulla pesante discriminazione della minoranza cattolica. Proprio com’era già successo in Palestina e sarebbe accaduto di lì a poco anche in India, le divisioni imposte dagli inglesi non avrebbero risolto i problemi di quei territori ma li avrebbero invece esacerbati. Quella adottata nel 1921 doveva essere una soluzione temporanea ma divenne ben presto un assetto definitivo: da quel momento in poi l’Irlanda sarebbe rimasta divisa a tempo indeterminato e contro la volontà della maggioranza della popolazione. Il confine tra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord venne creato per cercare di risolvere una volta per tutte la questione irlandese ma negli anni successivi la situazione sarebbe degenerata di nuovo nel caos, ritrovando la pace solo in tempi recenti, con l’Accordo del Venerdì Santo del 1998.

Ecco perché, quello che l’Irlanda celebrerà nelle prossime settimane si preannuncia come un centenario assai più complesso e problematico di quello che cinque anni fa ricordò la rivolta di Dublino del 1916. Le premesse, fin dai mesi scorsi, non sono state certo le migliori: la comunità cattolico- nazionalista ha deciso di boicottare le celebrazioni, mentre l’idea del comitato organizzatore di “arruolare” Seamus Heaney come testimonial del centenario si è rivelata un clamoroso autogol.

Come copertina della campagna Our Story in the Making: Northern Ireland Beyond 100 è stato scelto un ritratto del poeta premio Nobel senza chiedere l’assenso della sua famiglia. È stata interpellata soltanto la Queens’ University di Belfast, che detiene i diritti dell’immagine, opera del ritrattista britannico Tai-Shan Schierenberg. Dimenticando che Heaney, originario di una famiglia profondamente cattolica della contea di Derry, declinò il titolo di poeta laureato del Regno Unito e nel 1982 si rifiutò persino di essere incluso in un’importante antologia di poeti britannici.

Ciò che scrisse in quell’occasione per motivare il suo rifiuto («Siete avvertiti, il mio passaporto è verde/ Nessun bicchiere è stato da noi mai alzato/ Per brindare alla Regina ») non sembra proprio esprimere il suo compiacimento nei confronti della divisione sancita cento anni fa, né il suo attaccamento all’Irlanda del Nord, che nel 1921 era stata eloquentemente definita «uno stato protestante per un popolo protestante». Al momento il programma degli eventi non è stato ancora pubblicato sul sito ufficiale del centenario (ourstoryinthemaking. com) e si preannuncia di basso profilo non soltanto a causa della pandemia.

I cattolico- nazionalisti sperano che il centenario possa trasformarsi nell’epitaffio dell’Irlanda del Nord e nel preludio della riunificazione dell’isola. Un’ipotesi diventata molto più realistica dopo il Protocollo sulla Brexit, che ha di fatto escluso il paese dall’assetto costituzionale della Gran Bretagna.

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