martedì 7 dicembre 2021
Einaudi pubblica una nuova traduzione integrale dei due Testamenti su progetto e direzione di Enzo Bianchi. Un’impresa senza posizioni confessionali per allargare la conoscenza del Grande Codice
“Gesù guarisce un lebbroso”, dai mosaici del Duomo di Monreale

“Gesù guarisce un lebbroso”, dai mosaici del Duomo di Monreale - archivio

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«Un testo biblico è come uno spartito di musica, vive solo quando è interpretato così come la musica vive quando degli interpreti suonano o cantano lo spartito» scrive Jean Louis Ska. Ogni traduzione è, allora, come l’esecuzione dell’opera di un compositore che ha lasciato uno spartito muto. In una preziosa panoramica delle traduzioni bibliche ( La traduzione e le traduzioni. Incontrare e trasmettere la parola di Dio nelle diverse parole dell’uomo, 2016) Emanuela Buccioni cita l’Arcivescovo di Canterbury in un lucido giudizio: «Di tutte le grandi religioni mondiali, è il cristianesimo che ha il più ovvio ed esteso investimento sulla traduzione. Noi non abbiamo una lingua sacra e fin dall’inizio i cristiani sono stati convinti che ogni lingua umana poteva essere portatrice della rivelazione scritturistica »: ha ragione ancorché non del tutto. Che il cristianesimo non abbia avuto, sin dai primi vagiti, una lingua sacra (fissa, univoca) trova il suggello della Pentecoste presso gli Apostoli, incendiati dallo Spirito. Essi, infatti, si esprimevano in diverse lingue, cosicché tutti potevano comprendere il senso delle loro parole, ciascuno nella propria lingua nativa. Quella del ricomposto gruppo dei Dodici fu, dunque, in principio, una lingua fluida, “spirituale” come quel fuoco acceso sopra il loro capo. Ma quando le parole diventano la Parola che viene eletta e raccolta in un Libro, vincolata a un Canone a fondamento e limite di un sistema e una struttura religiosa, allora le cose cambiano e la dottrina che a quel Canone si ispira e si riferisce, giunge a condizionarne, inevitabilmente, l’intrinseco messaggio. All’indomani del Concilio di Trento, nella Chiesa cattolica, il problema del controllo della dottrina sulla Scrittura divenne così grande al punto che fu imposto un arresto alla stampa di Bibbie in italiano che si protrasse per almeno due secoli. E dopo che il Cardinal delle Lanze – su richiesta di papa Benedetto XIV – diede l’incarico di fare una nuova Bibbia ad Antonio Martini (che uscì tra il 1769 e il 1771), allo scopo che ne fosse inteso il “vero senso”, questi giustificò il corredo di note che vi aveva apposto, dicendo: «Ho allargato, per così dire, la mano allorché trattavasi o di porre in più chiaro lume qualche punto importante della cristiana morale, o di rilevare alcuno dei dommi della cattolica Chiesa contro gli eretici, o finalmente per far conoscere la fermezza delle verità fondamentali del cristianesimo contro i libertini e gl’increduli de’ tempi nostri». Ciò nonostante la potenza delle acque di quell’immenso fiume che è la parola biblica ha spesso rotto gli argini posti dalle Chiese. Un rischio non solo inevitabile ma anche irrinunciabile poiché se è vero che “ Scriptura crescit cum legente” (Gregorio Magno) ogni lettura è anche una ri-scrittura e ogni lettore veramente sensibile osa persino “rifare la Bibbia” come scrive Piero Boitani. Trovarci, allora, oggi, dinanzi all’edizione proposta da Einaudi (pagine CXCVIII - 3.722, euro 240,00) su progetto e direzione di Enzo Bianchi in tre volumi (con un cofanetto per i due dell’Antico Testamento e un secondo per il Nuovo) con una traduzione italiana inedita e fornita di un corposo apparato di introduzioni e note, sciolta – almeno nell’intenzione – da condizionamenti confessionali, liturgici o dogmatici, e muniti di un pregiato corredo iconografico a cura di François Boespflug ed Emanuela Fogliadini, è una bella emozione nonché fonte di grandi aspettative per una “differenza” – rispetto alle edizioni già note – che, sola, potrebbe dar ragione e sostegno all’impegno che una simile impresa comporta. Nella Prefazione Bianchi chiarisce che il primo desiderio è di poter «contribuire ad avvicinare il maggior numero possibile di persone alla fonte inesauribile della Parola di Dio» lasciando intendere una volontà di diffusione anche negli ambienti laici, di credenti e non credenti. Il valore di questa nuova Bibbia è segnato, innanzitutto, dalla statura culturale e spirituale di Enzo Bianchi. Vi si trasmette la doviziosa eredità di un uomo di autentica fede laicamente credente, espressa nell’intera sua vita di profezia nella vocazione monastica, coltivata e condivisa in decenni di “mense” davvero aperte a tutti sulla Parola biblica, di lectio, meditazione e preghiera a più voci, d’impegno politico ecclesiale e civile, di pensiero e d’arte in forma dialogata, nella cura per le cose di Dio e per quelle del mondo. La ricchezza di una testimonianza che ha potuto determinare l’orizzonte e la qualità di una traduzione incarnata nella vita e nella storia della Parola di Dio, nella esperienza di Bose, frutto e anima postconciliare della Chiesa cattolica italiana. Un monastero dove, tra le altre novità, c’è stata quella della vita comune di fratelli e sorelle. E qui verrebbe da chiedersi come mai, nell’équipe dei dodici specialisti coinvolti – filologi e biblisti di massimo livello, tra cui molti sacerdoti – ci sia solo una donna, la pur ottima Donatella Scaiola. Si sarebbe, forse, potuto dare più spazio all’esegesi e all’ermeneutica femminile e femminista della Bibbia che è stata una grande e importante novità fin dagli inizi del secolo scorso e tende a rendersi essenziale nella contemporaneità. Quel che più conta è, però, tutto da esplorare e si troverà, dunque, nell’interpretazione dei traduttori-esecutori d’opera, nei “suoni efficaci” per gli orecchi dei nuovi ascoltatori, che l’orchestra dei biblisti avrà saputo dare allo spartito di una sapienza antica eseguito già per milioni di volte. Il lettore andrà a cercare, pertanto, in quest’ultima Bibbia, coraggio e profezia oltre alla scienza e alla competenza che egli dà per scontate. Le parole sono, infatti, le armi più sovversive al mondo. Basti un esempio: in Romani 16,1 nello “spartito” greco c’è il termine diákonon con cui Paolo chiama la sorella Febe. Si può rendere con la semplice traslitterazione: “diacono”; si può optare per il femminile “diaconessa” (Bibbia CEI 1974) oppure decidere di tradurre con un più rassicurante “al servizio” (Bibbia CEI 2008) o come in questa versione “a servizio”. Per la lettrice e il lettore contemporanei – che non chiamano più “donna di servizio” nemmeno la collaboratrice domestica – è la lingua d’arrivo che fa la differenza!

La nuova traduzione della Bibbia nella collana dei Millenni Einaudi sarà al centro di una presentazione giovedì 9 dicembre a Milano (Palazzo del Cinema Anteo, Sala Excelsior, Piazza XXV Aprile). Partecipano Enzo Bianchi, ideatore e direttore del progetto editoriale, Giulio Busi, direttore dell’Istituto di Giudaistica della Freie Universität di Berlino, e il filosofo Massimo Cacciari. Modera Mauro Bersani. L’ingresso è gratuito con prenotazione obbligatoria sul sito www.spaziocinema. info. Per accedere alla sala sarà necessario esibire il Green Pass.

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