domenica 21 agosto 2022
I due sportivi ucraini Romanchuk e Bekh, marito e moglie separati dalla guerra e in fuga dal loro Paese, si sono laureati campioni d’Europa nel nuoto e nel triplo
Maryna Bekh e Mykhailo Romanchuk, i coniugi ucraini campioni europei

Maryna Bekh e Mykhailo Romanchuk, i coniugi ucraini campioni europei

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Questa è una storia d’amore, più che di sport. Di un marito e una moglie separati dalla guerra. Di Mykhailo Romanchuk e Maryna Bekh, capaci di far risuonare l’inno ucraino agli Europei di nuoto e di atletica. Lui ha battuto Gregorio Paltrinieri nei 1500 stile libero nella vasca del Foro Italico, lei è entrata nel club dei 15 metri conquistando il salto triplo dentro l’Olympiastadion. Romanchuk avrebbe dovuto nuotare anche le prove in acque aperte, ma la Len non lo ha iscritto, così venerdì il ventiseienne di Rivne si è precipitato a Fiumicino, si è imbarcato sul volo per Monaco e la sera era in prima fila a tifare per la moglie. Il loro bacio al termine della finale vale più di una medaglia d’oro, perché per salire sul tetto del vecchio continente Mykhailo e Maryna hanno vissuto distanti. Usciti a marzo dalla loro terra martoriata, il nuotatore ha trovato riparo a Magdeburgo, dove si allena insieme a Florian Wellbrock e agli altri mezzofondisti tedeschi, la saltatrice ha peregrinato tre mesi in Europa, prima di trovare casa a Brescia, dove il suo manager Federico Rosa si è adoperato per sistemarla in un appartamento insieme ad altre connazionali, tra cui Anna Ryzhykova, che è giunta terza nel giro di pista con barriere pochi minuti prima del trionfo nella sabbia della ventisettenne di Khmelnytskyi, a quattro ore d’auto dalla Polonia. E mentre l’ostacolista riceveva la medaglia sul palco attorno al laghetto del parco olimpico, Maryna e Mykhailo rispondevano alle domande dei giornalisti nella pancia dello stadio.

«Sono troppo felice, prima di tutto perché ho superato i 15 metri. È stata una rivincita dopo che nella finale del lungo ero in zona podio fino all’ultimo salto e poi sono rimasta a mani vuote. Evidentemente non era giovedì il mio giorno fortunato, dovevo aspettare venerdì e saltare davanti agli occhi di mio marito, che mi ha fatto una sorpresa presentandosi in tribuna ». Il coraggio di continuare nonostante gli oggettivi problemi le deriva dalla carica familiare: «Vivo lontana da mio marito e dai miei genitori, ma siamo sempre in contatto. Qui c’erano anche mia mamma e mio papà che non abbracciavo da quasi sei mesi. Spero di aver regalato una gioia all’Ucraina, un posto dove la gente muore anziché vivere. Se noi siamo qui è perché vogliamo gridare al mondo che il popolo ucraino è forte e libero ». Maryna si è allenata a Brescia, in un campo da poco costruito e dedicato a Gabre Gabric: «Insieme alle mie compagne siamo state accolte in maniera eccezionale. Con Anna desideravamo vincere la medaglia nella stessa sera e ci siamo riuscite. Abbiamo avuto una vicenda simile. Io ho dovuto lasciare l’Ucraina prima dei Mondiali indoor di Belgrado, lei subito dopo. La mia città era stata bombardata e il suono delle sirene era diventato la normalità.

Dopo aver gareggiato in Serbia ho vissuto due mesi in Portogallo, quindi due settimane in Polonia e poi dal primo giugno sono a Brescia, dove ho preparato Mondiali e Europei». In quattro mesi marito e moglie si son visti appena nove giorni: «È stata una grande gioia quando l’ho scorto seduto sugli spalti. La sua presenza mi ha gasato. Mischa (due medaglie olimpiche e altrettante iridate nel carniere, ma senza ori, ndr) è il mio eroe. Adesso voglio trascorrere qualche giorno con lui». E Romanchuk desidera altrettanto: «Eravamo lontani col corpo, ma vicini nello spirito. Ho comprato il biglietto otto ore prima del volo, non potevo mancare visto che a Ostia non mi hanno fatto gareggiare. Il messaggio è quello di combattere come stiamo facendo noi a distanza. Con i nostri successi mostriamo che l’Ucraina è una nazione forte». Un amore, il loro, che si è cementato in questo periodo di lontananza: «È duro non vedere la moglie, ma entrambi sappiamo perché lo stiamo facendo, avevamo un obiettivo comune e lo abbiamo raggiunto. Stiamo facendo la cosa giusta. A Magdeburgo e Brescia abbiamo trovato i posti ideali per vivere e allenarci».

Preparandosi con i tedeschi, Romanchuk ha trovato ottimi punti di riferimento, ma nella prossima stagione tutto sarà in discussione: «Parleremo insieme dopo le vacanze e capiremo come continuare. Sono felice perché lei oltre a vincere l’oro è riuscita a superare i 15 metri. Anche a me piacerebbe spostare la frontiera dei 1500 e magari attaccare il record del mondo di Sun Yang. Non è impossibile, si può fare, ma occorre pianificarlo nei dettagli. Attualmente riesco a essere in vantaggio fino ai 1200, ma poi irrimediabilmente nelle ultime vasche perdo secondi. Occorre impostare un ritmo costante e nuotare veloce all’inizio, in mezzo e alla fine». Più facile a dirsi che a farsi, perciò meglio tornare sulla situazione in patria: «Mi piacerebbe tornare nel mio Paese, è la mia terra e la mia speranza. Ma ora non è possibile, perché devo fare il mio lavoro, quello del nuotatore, e in Ucraina non ci sono le condizioni. Farlo lontano da casa è strano, ma se poi vinco lo faccio per i miei connazionali rimasti sotto la guerra». L’addetta stampa della squadra di Kiev - Olga Nikolenko, rifugiata a Berna col figlio di sette anni, il cui papà è al fronte: «Ogni mattina mi manda un messaggio per dirmi che sta bene» - ci invita a concludere, visto che il quarto d’ora concordato è trascorso. Mikhailo e Maryna si baciano e proseguono mano nella mano verso l’uscita. Nuoto e atletica a braccetto per un messaggio di pace e di amore. Qui si contano i podi e i finalisti, al fronte i morti e i feriti.

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