lunedì 28 dicembre 2015
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Non c’è nulla di più popolare del teatro. Soprattutto nell’era del web, la gente ha voglia di ritrovarsi. Questo spiega il grande successo delle filodrammatiche». Ne è convinto Claudio Bernardi, docente di Drammaturgia all’Università Cattolica di Milano, forte dei numeri che quantificano questa galassia in circa 60mila attori non professionisti in Italia per un totale di 4mila compagnie. Nessuno ne parla, ma il teatro amatoriale, in particolare quello cattolico, è una realtà vivacissima e dai numeri sorprendenti. Spesso, addirittura, le compagnie di ispirazione laica si appoggiano alle sale della comunità di cui è ricco il mondo cattolico.Ma sono proprio le radici del teatro, ed in particolare di quello amatoriale, ad affondare saldamente nella tradizione cristiana. Il termine filodrammatico si diffonde solo alla fine del ’700, ma in origine nasce dal rito. Nel Medioevo il teatro è religioso e popolare prima di diventare colto ed elitario, esce dalle chiese e coinvolge le comunità. «Nel Medioevo si svolgono attività di ordine teatrale all’interno delle scuole monastiche e delle cattedrali e poi anche in quelle laiche, legate alla liturgia e ai momenti di vacanza dei giovani studenti – spiega il professor Bernardi –. Le rappresentazioni, legate alla Natività e alle vite dei santi, si avevano dal Natale all’Epifania. Il teatro religioso si diffonde anche fuori, grazie ai clerici vagantes che avevano lasciato il seminario e che sapevano cantare, recitare, comporre testi».Il dilettantismo passò poi nelle accademie e nelle corti e si diramò nelle dimore aristocratiche per tutto il ’700. «Con lo sviluppo delle scuole umanistiche e laiche c’è l’invenzione del teatro moderno» aggiunge Bernardi. È del 1545 la nascita della prima compagnia professionistica, mentre, sul fronte dell’educazione, fondamentale è il teatro dell’Oratorio di san Filippo Neri che dava l’avvio a tante esperienze musicali e sceniche successive. Proponendosi i medesimi fini, accanto ad esso nasceva il teatro del collegio che fiorì presso le istituzioni educative dei Barnabiti, degli Scolopi ma soprattutto dei Gesuiti.«Sono loro i grandi innovatori – spiega il professore –. Capiscono che il teatro è il momento di formazione fra i migliori possibili, lo usano a tutto campo, sia a scopo didattico, sia per tragedie spirituali e commedie, dando vita alla nascita dei più grandi scrittori del teatro spagnolo e francese come Calderòn, Racine e Corneille». Invece, specie a Milano, per le classi inferiori cominciano le scuole della dottrina cristiana, che insegnavano a leggere e scrivere, ma prevedevano anche momenti di divertimento. «Uno dei consiglieri di San Carlo, Giovanni Botero, nei suoi scritti raccomanda di togliere i ragazzi dalla strada e di far fare loro il teatro, visto come forma educazione».Avvicinandosi ai nostri tempi, dopo la Rivoluzione Francese nascono le filodrammatiche che considerano, in modo illuministico, la cultura come educazione del cittadino. Ma è nell’800 che le filodrammatiche ebbero una crescita clamorosa in tutta Italia soprattutto quelle di ordine laico, mentre in parallelo nasceva la filodrammatica cattolica. «San Giovanni Bosco ha intuito la grande funzione pedagogica di un teatro fatto di animazione che impegnasse i giovani in modo coinvolgente», aggiunge Bernardi. E proprio san Giovanni Bosco volle che ogni oratorio fosse dotato di una sala teatrale, cosa che faranno dagli inizi del ’900 tutte le parrocchie italiane. Un’occasione per i giovani, appoggiata da un’editoria pronta a sostenere la fame di copioni. Si è calcolato che intorno al 1935 uscissero 80 lavori nuovi ogni anno: frequenti le ristampe dell’Ancora, della Majocchi, della Libreria Salesiana e della Libreria Gallo di Vicenza. Nascevano intanto le prime riviste dirette ai filodrammatici: Sulla scena (1903), Il carro di Tespi (1908), Teatro, musica e sport (1912). Oggi resiste la prestigiosa La rivista del teatro pubblicata dal Gatal milanese. Nacquero poi la Società degli autori del teatro cattolico fondata nel 1905 e la Società italiana tra gli autori di teatro cattolico (1911), la Federazione Associazione Teatrali Educative (Fate) nel 1912. Dopo il 1918, pur falcidiate, le filodrammatiche si ricomposero. Nel ’22 usciva il primo numero di Controcorrente, la rivista che per vent’anni ospitò le maggiori iniziative di teatro educativo. Si moltiplicarono inoltre le riviste specializzate, Scene e controscene (1928-39), I quaderni del teatro cristiano (1931-32). Gli autori nel ’26 si riunirono intorno alla Società degli autori cattolici (Sac). Ma l’emanazione tra il ’26 e il ’27 delle disposizioni fasciste regolanti le attività ricreative, con la nascita dell’Opera nazionale Balilla, pose pesanti limitazioni agli oratori. In soccorso delle filodrammatiche cattoliche venne nel 1927 l’Azione Cattolica che le incorporò in modo organico.Il secondo dopoguerra segna la rinascita della filodrammatica (nel 1947 nasce nell’ambiente del dopolavoro la Fita - Federazione Italiana Teatro Amatori, tuttora attiva insieme alla Uilt - Unione Italiana Libero Teatro). «Il declino inizia negli anni 50/60 quando è soprattutto il cinema a entrare negli oratori – aggiunge il professor Bernardi –. Ma negli anni 70 va in crisi anche il cinema per l’avvento della televisione. Ed è proprio in quegli anni che scoppia il grande fenomeno dell’animazione teatrale con la partecipazione di tutta una comunità». Lì avviene una cesura. Le filodrammatiche, che spesso fanno teatro dialettale, passano in mano agli adulti e diventano compagnie storiche, mentre i giovani vengono coinvolti da sacerdoti all’avanguardia grazie al musical, basti pensare a Forza venite gente su San Francesco e il fenomeno dei Gen Rosso. Negli ultimi dieci anni, il teatro amatoriale sta avendo un incremento senza precedenti, in ambito cattolico nelle compagnie aderenti a Federgat (Federazione Gruppi Attività Teatrali) nell’emanazione lombarda Gatal, poi negli oratori aderenti ad Anspi (Associazione Nazionale San Paolo), Noi (Associazione circoli e oratori), Fom (Federazione Oratori Milanesi) oltre a quelli dei Salesiani. «È un modo per fare catechesi del gruppo – spiega il fenomeno Bernardi –. Ai nostri giorni di preti non ce ne sono molti, ma sono cresciuti i laici anche grazie a parroci intelligenti che concordano laboratori e attività teatrali con giovani dall’adeguata formazione, all’interno di un progetto pastorale. Il teatro oggi è così diffuso e molteplice perché é la liturgia della vita associativa, dove c’è la piena possibilità di esprimersi». Insomma, cosa c’è di più bello del teatro?
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