giovedì 19 maggio 2022
Lo scrittore rumeno, che parlerà al Salone del Libro, riflette sul credere e sulla metafisica: «Alla fine è l’amore che ci salva da un mondo-prigione. I cuori selvaggi di oggi? I soldati ucraini»
Una immagine dello scrittore rumeno Mircea Cartarescu

Una immagine dello scrittore rumeno Mircea Cartarescu - Mircea Cartarescu / Arild Vågen/WikiCommons

COMMENTA E CONDIVIDI

Mircea Cartarescu è considerato il maggiore romanziere di lingua romena, e tra i più importanti in Europa. Il suo capolavoro Solenoide è uscito a maggio scorso per il Saggiatore, opera che ingloba le precedenti con l’impronta del visionario alla ricerca di una verità altra, uno squarcio che illumini la via di fuga. Il poeta è considerato “spiritus lenis”, ha bisogno di una guida, ha bisogno di credere. Dove si trova, perciò, la forza di credere? «La cosa più difficile da raggiungere – dice Cartarescu, che abbiamo intervistato in occasione dell’arrivo in Italia per presentare la sua opera al Salone del Libro domenica – non è l’amore o la felicità, ma la pace della mente. Ho cercato con tutte le forze di credere in una trascendenza che so esistere al di fuori e al di sopra di noi, ma sapere è una cosa, credere un’altra. Credere significa avere una connessione “chimica” con la trascendenza. Significa che la mente o l’anima credono, non l’ego cosciente, che può solo conoscere. Una madre non conosce i suoi figli, ma crede in loro. È lo stesso con Dio: so che esiste, ma credere in Lui è un suo dono, un atto di grazia. Quando sentirò che mi è stato fatto questo dono, avrò finalmente la pace mentale».

Un livello di lettura di Solenoide è metafisico, la protesta contro la morte. Si può dare alla questione la concretezza della vita quotidiana?

È terribile si debba morire, scomparire nel nulla con le proprie vite, speranze, ricordi, cose amate. Nessuno può avere questo pensiero senza provare il “timore e tremore” di cui parlava Kierkegaard. Ma le persone dimenticano e preferiscono godersi la vita. La vita è un dono magnifico e il mondo ha così tante meraviglie che non si esauriranno in un milione di anni. La maggior parte delle persone decide di prendersi cura del prossimo, fare del bene, aiutare gli altri in ogni modo: si può trarre gioia da questo. Altri scelgono di viaggiare, altri ancora di godere dei tanti volti della realtà. «Sia gloria a Dio per le cose screziate», scriveva Gerard Manley Hopkins.

La metafisica aspira alla consapevolezza. Questa è davvero raggiungibile o è solo una spinta a cercare?

“Metafisica” significa “oltre la fisica”, non solo perché quest’opera senza titolo di Aristotele segue la sua Fisica, ma perché rivela una nuova realtà, più fondamentale, al di là di ciò che chiamiamo natura, presenza, realtà, o semplicemente verità. Sappiamo da Kant che questa realtà nascosta ci rimarrà sempre sconosciuta. Ma cerchiamo comunque di raggiungerla, scoprirla, perché siamo esseri curiosi. Il nostro potere di pensare è enorme e alcuni, come i santi, i poeti e i filosofi, cercano di raggiungere l’irraggiungibile, esprimere l’inesprimibile, comprendere l’inconcepibile. Ci sono molti solventi che sembrano dissolvere il più ostinato di tutti i nostri pregiudizi, la realtà.

Da Solenoide emerge il pensiero che la realtà sia una prigione. Come il protagonista dovremmo cercare un’altra verità, ma come?

Il mio personaggio trova la risposta migliore, la stessa in tutti i tempi e luoghi: l’amore. Alla fine trova un modo per salvarsi dal mondo che ci tiene prigionieri. Ma rifiuta di salvarsi da solo, perché ha scoperto l’amore: per la moglie, per la figlia, per l’intera umanità. In un racconto di Camus, un francese che giace sul letto di morte pronuncia la sua ultima parola, ma le persone intorno non capiscono: era “solitaire” o “solidaire”? Per il mio eroe senza nome l’ultima parola è “solidaire”, perché la solidarietà è la nostra unica possibilità di resistere e dimostrarci degni della salvezza che ci viene data alla fine dei tempi.

A tal proposito, “Cuori selvaggi” è il tema del Salone. Chi sono i cuori selvaggi del nostro tempo?

Senza dubbio i soldati ucraini che difendono le loro case e le loro famiglie, ma anche la libertà, la cultura e la civiltà del mondo, contro un nemico barbaro. Sono con tutto il cuore, selvaggio o meno, dalla loro parte. Non sono un profeta, ma chiunque può vedere una similitudine tra i nostri tempi e le profezie apocalittiche sparse nell’Antico Testamento e nei Vangeli. A volte mi chiedo come faremo a superare le tante minacce che ci tengono svegli nel cuore della notte.

In passato ha detto che la sua visione dell’atto di scrivere equivale alla fede. È ancora così?

La scrittura è una religione. Non si può essere buoni scrittori senza saperlo. Tutto ciò che si fa con vera passione e con tutte le proprie forze è un’offerta religiosa. Molte volte ho avuto la sensazione, mentre scrivevo, che qualcuno più saggio e potente di me fosse in piedi alle mie spalle e guardasse la mia pagina. Tutto ciò che scrivo è supervisionato da quell’essere sconosciuto che si può chiamare ispirazione, subconscio o, perché no, Spirito Santo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI