martedì 2 marzo 2021
A Cambridge emerge una necropoli del VI secolo. L’archeologa Carolin Goodson (King’s College): «Un’occasione davvero unica per conoscere a fondo cosa accadde dopo che Roma abbandonò l'isola»
Gli scavi nella necropoli anglosassone (VI secolo) di Croft Gardens, a Cambridge

Gli scavi nella necropoli anglosassone (VI secolo) di Croft Gardens, a Cambridge - Dronescapes /King's College - Cambridge

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Beda il Venerabile racconta nella sua Historia ecclesiastica gentis Anglorum che la principessa Seaxburg (VII secolo), divenuta badessa del monastero di Ely – a una quindicina di miglia da Cambridge –, volle riesumare i resti di sua sorella Æthelthryth, che di quel monastero era stata fondatrice, per collocarli in una più degna sepoltura. Alcuni monaci furono quindi inviati nei dintorni, in cerca della pietra giusta in cui intagliare un loculo. «E giunsero a una cittadina abbandonata che si trovava a non grande distanza, chiamata nella lingua degli Angli Grantacaestir [Cambridge]» (trad. P. Chiesa): lì, presso le mura, trovarono un’arca di pietra con un magnifico coperchio, che riportarono al monastero rendendo grazie a Dio.

Quelle che i fratres ebbero davanti agli occhi furono con ogni probabilità le rovine dell’insediamento romano che sorgeva intorno a Castle Hill, nella zona nord di Cambridge, in prossimità del fiume Cam. L’immagine della ciuitatula desolata descritta da Beda ha suggerito l’idea di un completo abbandono di quell’insediamento e dell’area circostante nell’epoca in cui i Romani lasciarono la Britannia, all’inizio del V secolo d.C. In realtà le cose andarono diversamente, come già provato da vari ritrovamenti archeologici a partire dal XIX secolo.

Ora un’eccezionale scoperta può finalmente dare un contributo determinante per ricostruire la storia dei primi secoli del medioevo lungo il fiume Cam. In seguito alla demolizione di alcuni edifici, infatti, è stata rinvenuta un’area cimiteriale nella zona occidentale di Cambridge, nel sito denominato Croft Gardens, in cui il King’s College progetta di costruire nuovi alloggi per gli studenti. Fra settembre e dicembre 2020 un team di archeologi della cooperativa Albion Archaeology ha riportato alla luce più di sessanta sepolture, la maggior parte delle quali risale al VI secolo, quindi alla prima età anglosassone. I reperti sono più di 700: spille di bronzo, collane, vasellame, armi e pregevoli oggetti in vetro. Il suolo altamente alcalino ha permesso un’ottima conservazione anche dei resti umani.

Si tratta dunque di uno sito straordinariamente importante per la quantità e la qualità dei ritrovamenti, e quindi per le numerose informazioni che sarà possibile ottenere dal loro studio. Conclusosi lo scavo di emergenza, infatti, inizia ora una fase ancora più interessante, che prevede pulizia, catalogazione e analisi dei reperti. «Per la prima volta – ci racconta la professoressa Caroline Goodson, archeologa e docente di storia medievale del King’s College – abbiamo la possibilità di studiare un sito simile dopo scavi portati avanti in maniera metodica e accurata, a differenza di quelli effettuati nel XIX secolo. Ci serviremo delle più avanzate tecniche scientifiche per ricavare numerosi dati. Per esempio, potremo raccogliere informazioni sulle condizioni di salute degli individui che componevano questa comunità, conoscere la loro dieta, analizzare il loro Dna. Si tratta di un’occasione unica per studiare la vita quotidiana in un periodo caratterizzato da notevoli cambiamenti come quello delle migrazioni, che vide l’arrivo nella Britannia post-romana delle popolazioni germaniche».

Il cimitero anglosassone sembra seguire delle linee di confine di epoca romana e non mancano tracce risalenti all’età del ferro (che in Gran Bretagna si conclude nel I sec. d.C.). Alcune fra le tombe ritrovate non presentano corredo e hanno coperture in pietra. Lecito pensare a sepolture più antiche, di epoca romana, e quindi a una continuità nell’utilizzo del sito come area cimiteriale: «Al momento non possiamo ancora stabilire se ci fu davvero una continuità, ma è una delle domande a cui cercheremo di dare risposta datando con maggiore precisione le sepolture. L’utilizzo in epoca anglosassone di siti preesistenti, in ogni caso, non è un fenomeno raro. Quel che colpisce delle sepolture anglosassoni è la notevole cura per il corredo, testimonianza evidente di una particolare attenzione per l’aldilà».

Mancano nei corredi segni riconducibili a un particolare credo religioso, anche se si tratta per buona parte di sepolture che precedono la conversione degli Anglosassoni al cristianesimo. Numerose invece, anche in tombe femminili, le armi, fra cui più di venti spade: «Sono segni dello status sociale piuttosto che l’equipaggiamento di soldati di professione. Ci troviamo di fronte a una comunità rurale che probabilmente al suo interno era articolata in gruppi sociali distinti. Incrociando altri dati, per esempio quelli relativi alle abitudini alimentari, con le informazioni che ci vengono dai corredi, saremo in grado di avere un quadro più definito».

La ricerca legata al sito ha un potenziale «enorme» e si avvarrà di un approccio interdisciplinare per gettar luce su secoli che in ambito britannico possono ben definirsi, senza alcun pregiudizio, “bui” ma solo per la carenza di fonti scritte che rende le testimonianze archeologiche ancora più preziose.

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