venerdì 11 ottobre 2019
Le Madri di Srebrenica hanno chiesto all’Accademia svedese delle scienze di revocare il premio Nobel a Peter Handke, perché « ha difeso i carnefici». Ma sono già molte le voci di condanna
Peter Handke (AP Photo/François Mori)

Peter Handke (AP Photo/François Mori)

COMMENTA E CONDIVIDI

Le Madri di Srebrenica hanno chiesto all’Accademia svedese delle scienze di revocare il premio Nobel a Peter Handke, perché «un riconoscimento così importante non può andare a un uomo che ha difeso i carnefici delle guerre balcaniche». Ma il giorno dopo l’annuncio dei giurati di Stoccolma sono già molte le voci di condanna che si sono levate nei confronti del premio a Handke, tra cui quella del primo ministro albanese Edi Rama, del membro bosgnacco della presidenza tripartita della Bosnia-Erzegovina Sefik Dzaferovic e dell’ambasciatrice del Kosovo negli Stati Uniti, Vlora Çitaku, che su Twitter l’ha definito «uno schiaffo a tutte le vittime del regime di Miloševic». Un vero e proprio coro di indignazione al quale si sono già uniti anche alcuni intellettuali. Il filosofo sloveno Slavoj Žižek non ha esitato a definire Handke «un apologeta dei crimini di guerra», la scrittrice statunitense Jennifer Egan – a nome del Pen American Center – si è detta sbalordita dalla scelta di un autore che «ha usato la sua voce pubblica per sminuire verità storiche e sostenere i perpetratori del genocidio» mentre Salman Rushdie, che già vent’anni fa attaccò Handke con toni quasi infamanti, ha ribadito ieri di pensarla ancora allo stesso modo. Sotto accusa sono le controverse posizioni assunte dallo scrittore e drammaturgo austriaco (ma di madre slovena) fin dai primi anni ’90, al tempi della dissoluzione della Jugoslavia, e reiterate almeno fino alla morte del presidente serbo Slobodan Miloševic, nel 2006.

Handke non ha mai fatto mistero delle sue aperte simpatie nei confronti dei serbi e già durante le guerre balcaniche si attirò non poche critiche per aver respinto con decisione l’immagine di aggressori che l’opinione pubblica internazionale attribuiva alle truppe di Miloševic e Karadžic. Nel suo libro Un viaggio d’inverno ovvero giustizia per la Serbia, uscito per Einaudi nel 1996, cercò di difendere i serbi da quella che era a suo avviso un’ingiusta criminalizzazione messa in atto dalla stampa tedesca e francese. In un intervento uscito quello stesso anno sul quotidiano francese “Libération” arrivò persino ad attribuire alle milizie bosniaco-musulmane le colpe del genocidio di Srebrenica e dell’assedio di Sarajevo. Le sue convinzioni sarebbero rimaste sostanzialmente inalterate anche alcuni anni più tardi, nonostante la scoperta delle fosse comuni, le sentenze del Tribunale dell’Aia e un giudizio della Storia ormai sempre più definito. Nel 2006 si recò a Belgrado per pronunciare un’orazione funebre durante le esequie di Miloševic, deceduto in carcere prima del processo che lo vedeva imputato per crimini contro l’umanità. La presenza al funerale dell’ex leader serbo costò cara al futuro premio Nobel, poiché la Comédie Française di Parigi decise di cancellare un suo spettacolo mentre la città di Düsseldorf gli revocò il prestigioso premio letterario “Heinrich Heine” che si era aggiudicato quello stesso anno. Handke era anche andato a trovare Miloševic nel carcere di Scheveninghen, due anni prima della sua morte, e aveva raccontato il loro incontro in un lungo articolo dai toni apologetici, nei quali ribadiva di essere convinto della sua innocenza e dell’illegittimità del Tribunale dell’Aia. Per chiedere la revoca del premio Nobel per la letteratura a lui assegnato è stata lanciata anche una petizione online sulla piattaforma Change.org che ha già raccolto migliaia di firme.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: