domenica 4 settembre 2022
La violenza politica è al centro del film scritto e diretto dall’artista 42enne Santiago Mitre. in concorso ufficiale alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e ieri applauditissimo
Una scena del film "Argentina 1985"

Una scena del film "Argentina 1985" - .

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«È stato un vero e proprio choc per tutti noi. È stato un momento orribile che non pensavamo potesse succedere. Noi credevamo che il processo del 1985 alla dittatura militare di Videla avesse potuto porre fine alla violenza come risoluzione delle questione politiche».

È seriamente preoccupato il regista argentino Santiago Mitre per l’attentato di ieri alla vicepresidente dell’Argentina Cristina Kirchner.

Proprio la violenza politica è al centro di Argentina 1985, il film scritto e diretto dall’artista 42enne in concorso ufficiale alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e ieri applauditissimo dalla stampa.

«Quel “nunca mas”, mai più, pronunciato a dal pubblico ministero Julio Strassera al termine della sua arringa finale contro la giunta militare pensavo sarebbe stato duraturo. Invece non è» racconta Mitre che ha avuto il coraggio di raccontare per primo quel momento cruciale. E su di lui ha puntato Amazon che gli ha affidato la sua prima produzione originale nel Paese. Argentina, 1985 è ispirato alla vera storia dei procuratori Julio Strassera e Luis Moreno Ocampo, che nel 1985 osarono indagare e perseguire i responsabili della fase più sanguinosa della dittatura militare argentina, caduta solo 2 anni prima. Senza lasciarsi intimidire dal regime, l’esperto Strassera e il giovane Moreno Ocampo formarono un giovane team legale di improbabili eroi per ingaggiare una battaglia impari.

Costantemente minacciati, insieme alle loro famiglie, lottarono contro il tempo per dare giustizia alle vittime della giunta militare guidata da Videla, capo delle Forze Armate che nel 1976 depose con un colpo di stato Isabelita Martinez De Peron, divenendo Presidente dell’Argentina dal 1981. Processato insieme agli altri 8 membri delle tre giunte militari al potere dal 1976 all’82 per i crimini commessi dalle Forze Armate in quegli anni, che provocarono oltre 30mila desaparecidos nel dicembre 1985, venne condannato all’ergastolo. Il film ha il pregio di ricostruire con efficacia, negli stessi luoghi in cui si svolsero i fatti, il difficile lavoro di indagine e i quattro mesi di dibattimento con 833 testimoni oculari e sopravvissuti nei centri di detenzione e tortura clandestini.

Usando anche un sorprendente tono umoristico, che rende più umano il magistrato (interpretato da uno straordinario Ricardo Darìn), simpatico il suo giovanissimo gruppo di avvocati e affettuosa la sua bella famiglia che ci rivela il lato privato di un uomo onesto. «Ricordo ancora il giorno in cui Strassera formulò l’atto di accusa – spiega Mitre – : il boato dell’aula del tribunale, l’emozione dei miei genitori, le strade finalmente in grado di festeggiare qualcosa che non fosse una partita di calcio. Il processo del 1985 permise alla giustizia argentina di riconoscere e rivendicare un diritto a lungo negato. Inaugura la democrazia e condanna il ricorso alla violenza come possibilità».

Il cinema argentino stava aspettando il momento giusto di parlare di quello che Strassera definiva «il processo più importante dopo quello di Norimberga». «Noi abbiamo vissuto diverse dittature crudeli e siamo rimasti molto segnati. Era impossibile non avere un caso di sparizione o tortura in famiglia o tra le amicizie, tutti abbiamo vissuto questo dolore – aggiunge il protagonista Darìn all’epoca del processo era un 28enne –. Quando il terrorismo di Stato prende piede nella società, si tenta sempre di annullare i cittadini e di eliminare la possibilità di comunicare. Questo fa sì che in molto casi la verità ci metta molto tempo per venire a galla».

Una storia, quella raccontata in Argentina 1985, che vuole essere un esempio: «Le giovani generazioni – conclude Darìn – devono sapere perfettamente qual è il mondo di oggi e apprezzare valori come la dignità, il non gettare la spugna, il guardare avanti con verità e giustizia. E soprattutto l’umanità».

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