giovedì 21 ottobre 2021
A Trento una mostra sulla figura della madre di Maria e nonna di Gesù. Donne e religione, nella storia della Chiesa, trovano qui una verifica tramite l’arte
“Sant’Anna Metterza”, scultura di intagliatore tirolese (XV secolo)

“Sant’Anna Metterza”, scultura di intagliatore tirolese (XV secolo) - Trento, Museo Diocesano

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Sant’Anna, moglie di Gioacchino, madre di Maria, nonna di Gesù. Lo stato di famiglia è chiaro. Ma Anna è al tempo stesso realtà e mito. Ne parlano i Vangeli apocrifi, quelli canonici tacciono. Il culto di sant’Anna parte tardi, raggiunge un apice di devozione verso la fine del XV secolo, si mantiene stabile fino a che Lutero, nella sua polemica sui santi e le reliquie dove sostiene che questi culti tolgono luce alla devozione verso Cristo, non spinge la Chiesa a riesaminare la questione e dopo il Concilio di Trento il culto di sant’Anna comincia a cambiare (i teologi e la gerarchia ecclesiastica tendono a ricalibrarne il ruolo, la pietà popolare mantiene alta invece la sua devozione) e, se anche poi risorge, è mutata molto la sua fisionomia, ormai funzionale al culto mariano e meno fondamentale. Nel momento di massimo fulgore – quando Sisto IV ne istituì la festa solenne nel 1481 – Anna è vista come l’origine della Sacra Parentela di Gesù, « mater familias, capostipite di una stirpe gloriosa», scrive Antonella Degl’Innocenti ricostruendone la tradizione agiografica nel catalogo della bella mostra Anna. La madre di Maria, visibile al Museo Diocesano Tridentino fino al 10 dicembre. È l’ultima iniziativa nata sotto la direzione di Domenica Primerano, la quale nella breve nota introduttiva lega la questione al «rapporto tra la religione cristiana e le donne». Righe scritte mentre i talebani riprendevano il controllo dell’Afghanistan, a partire da una fotografia di Ugo Panella del 2016, esposta anche in mostra, intitolata L’educazione della vergine, dove una madre afghana segue la propria figlia nella lettura di un libro. Ed è effettivamente una delle tipologie che ricorre anche nella tradizione cristiana dove sant’Anna educa Maria raffigurata mentre col dito scorre le righe del libro, per esempio, in una bella scultura ad Aquisgrana, al Museo Suermondt-Ludwig, di anonimo francese. Come spiegano Alessandra Galizzi Kroegel e Stefanie Paulmichl, la mostra si concentra su Anna Metterza, cioè colei che in genere tiene Maria e Gesù bambino sulle ginocchia, ma affronta anche le “declinazioni” della Sacra Parentela e dell’Educazione di Maria molto diffuse in Tirolo tra gli ultimi decenni del XV secolo e metà del secolo successivo. Restano fuori temi figurativi come l’incontro tra Gioacchino e Anna – tutti ricorderanno il commovente bacio-abbraccio tra i due vecchi genitori, in un primo tempo risultati sterili, nell’affresco di Giotto agli Scrovegni –, la nascita di Maria e la morte di sant’Anna. Ma la mostra è solo un primo, importante scrutinio della rappresentazione della santa: soltanto nel Tirolo storico (dalla provincia di Trento a Innsbruck) Paulmichl ha catalogato circa 180 opere fra dipinti e sculture databili tra fine del XIV al XVIII secolo. Il caso conta diversi studi all’estero ma ben pochi in Italia, e questo stupisce considerando, come scrive Galizzi Kroegel, che già nel VII secolo (nell’affresco di Santa Ma- ria Antiqua a Roma) Anna compare con quel “sovraddimensionamento” (cioè una grandezza rispetto alla quale Maria, di minori proporzioni, sembra quasi «un mero attributo della santa») che «diventerà il Leitmotiv dell’iconografia che si diffuse dal XIII secolo in poi» in tutta Europa. Anna dunque «donna monumentale» in una triade sacra dove lei è «il personaggio principale ». Ciò sarà una delle ragioni che, dopo il Concilio di Trento, ne ridimensioneranno il ruolo. Masolino e Masaccio risolvono la questione proporzionando sulle stesse misure le tre figure in una costruzione scalare dove Anna è il trono di Maria che a sua volta è il grembo di Gesù, nel celebre quadro degli Uffizi. Altro motivo di attrito la “leggenda” dei tre matrimoni, trinubium: Anna, nella logica della Sacra Parentela, rimasta vedova si risposa non per il piacere della carne ma amore prolis, cioè in funzione della discendenza. Le sante sposate erano rare, ma vedove e risposate ancor di più. Il Concilio tridentino “depurerà” il tema optando per una parentela ridotta a Gioacchino e Giuseppe, come nella Sant’Anna Metterzad’intagliatore tirolese del XVI secolo, inserita, tra XVII e XVIII secolo, in uno scrigno con ante dove figurano i due uomini. Le Sacre Parentele del primo tipo, quelle numerose, conseguenti all’argomento del trinubium Annae, arrivano a comprendere le tre Marie, «identificate con le tre donne presenti ai piedi della Croce o con le tre donne che si recano al sepolcro» come ricorda Degl’Innocenti. Ma quella parentela troppo larga, di segno matriarcale, poteva certo essere un problema. Paradossalmente, scrive Galizzi Kroegel, all’epoca «Riforma e Controriforma si incontrarono nel loro comune rifiuto di sant’Anna come donna dalla vita piena – anche di mariti – e a capo di una grande famiglia». Il soggetto di questa mostra, dunque, è più che mai degno di approfondimenti.

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