sabato 16 ottobre 2021
Sulle orme dell’Alighieri, il poeta ebbe un punto fermo di formazione nella “Commedia”, dall’inferno della Grande Guerra al paradiso della fede Un saggio di Cicala
Clemente Rebora

Clemente Rebora - archivio

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Il fondamento della Divina Commedia è in questo: che dopo aver sentito il bisogno della vita divina, Dante si riferisce a Maria perché il passaggio a Cristo è attraverso a Maria, ed egli insegna questo vero all’umanità. Dopo aver appreso dagli insegnamenti della Chiesa, Dante mostra nel suo esempio ciò che può fare la Madonna. Il ’200 fa splendere questa verità. Maria agisce soprannaturalmente in noi. Così noi passiamo dalla cognizione religiosa puramente intellettuale alla religione vera e propria, dove agisce la Grazia. Questa è la conversione di Dante; non l’arida conoscenza di Dio, ma il rivolgersi della volontà, che da Dio prende l’indirizzo. Egli ha dichiarato di esser mosso soltanto dall’amore: «Io mi son un che quando Amore spira noto e come detta dentro vo’ significando». Così è il dolce “stil novo” che pone la relazione fra la capacità fini- ta e la Verità divina. L’Amore divino è dallo Spirito Santo. Come Dante vi giunge? Prima credeva bastasse potenziare le forze finite. Ecco il canto di Ulisse (Inf. XXVI), una delle chiavi a penetrare il pensiero di Dante: virtute e conoscenza = volontà dell’uomo in antitesi con la volontà di Dio, che o esclude od ignora. Questo concetto conduce al naufragio Ulisse, già in vista del Paradiso terrestre. La civiltà moderna ha preso l’ideale di Ulisse = il folle volo di Icaro = disarmonia con la volontà di Dio = ed insegna l’esperienza che pare arrivare e al suo fine non giunge; mentre nell’armonia colla volontà di Dio pare di incespicare e più volte, poi giunge l’aiuto misterioso che porta su di un balzo. La posizione di Dante anche nel Convivio: alto volo. Come arriva Dante? L’aiuto a passare da una fase all’altra gli viene da Beatrice quando, vivendo ella la vita di armonia con Dio, la insegnò a Dante, inconsapevolmente; e comincia ad agire dopo la morte. Nel Purgatorio le anime che si purificano provano via via ascendendo come primo esempio vivente da meditare e da imitare Maria, e da giovarsi per rendere meritoria la loro espiazione, ancora Maria. Ai superbi Dante pone l’esempio di Maria che accetta la volontà di Dio «Ecce ancilla Dei» e ripete loro: «Siate umili come lei» (Purg. C. X v. 43). – Agli invidiosi Dante ricorda la generosità di Maria alle nozze di Cana, quando disse a Gesù: «Non hanno vino» e ripete loro: siate benevolenti al pari di lui (Purg. 23). – Agli iracondi Dante mostra il dolcissimo esempio di Maria al tempio di Gerusalemme quando era in cerca del figlio che da due giorni mancava da casa, lo trova intento a conversare coi dottori della Sinagoga e non lo rimprovera e ripete loro: «Siate miti al pari di lei» (Purg. 15 v. 87). – Agli accidiosi Dante mostra con quale slancio Maria corresse a visitare Elisabetta e ripete loro: «Siate come lei solleciti » (C. 18 v. 100). – Agli avari e ai prodighi Dante mostra l’esempio di Maria che si fece tramite di Dio sulla terra in piena e dolce povertà, e agli uomini generosa si fece di ogni grazia, e ripete ad essi: «Siate poveri e generosi come lei» (C. 20 v. 22). – Ai golosi Dante addita l’esempio di Maria con le sue delicate attenzioni al banchetto di Cana; e ripete loro: «Siate temperanti come lei» (C. 22). – E ai lussuriosi Dante offre a modello la purezza di Maria, ripetendo: «Siate come lei». (C. 25 v. 128).

“Dante e Virgilio entrano nel Purgatorio”, affresco di Luca Signorelli

“Dante e Virgilio entrano nel Purgatorio”, affresco di Luca Signorelli - archivio

Il purgatorio di Rebora

In un saggio di alcuni anni fa, uno dei massimi studiosi della figura e dell’opera di Clemente Rebora (18851957), Roberto Cicala, metteva in luce la singolare originalità di questo poeta, autore in costante ma faticoso equilibrio tra l’«oggettivismo montaliano» e il «soggettivismo ungarettiano», sempre teso a non voler dividere pensiero e azione. Il critico mostrava bene come attraverso il suo intenso espressionismo Rebora sia stato in grado, molto più di tanti poeti suoi contemporanei, di cogliere le lacerazione della modernità. L’espressionismo reboriano è dunque una «reazione esistenziale »: le scelte stilistiche sono profondamente sostenute dai contenuti umani. È ciò che accade con tutti i nostri grandi autori, a partire da Dante. E non è un caso che la Divina Commedia abbia costituito un insostituibile punto di riferimento per Rebora, non solo in quanto testo fondativo della tradizione letteraria italiana, ma proprio per ciò che Dante ha raccontato nel suo “poema sacro”. Sul rapporto tra Rebora e Dante è incentrato il nuovo libro di Roberto Cicala: Da eterna poesia. Un poeta sulle orme di Dante: Clemente Rebora (presentazione di Alberto Casadei, il Mulino, pagine 432, euro 25,00). La stessa parabola biografica di Rebora assomiglia, in fondo, al percorso disegnato da Dante nella sua Commedia. Prima l’inferno della Grande Guerra, «martirio inimmaginabile» nella città di Dite, quando, sul fronte goriziano, Rebora subisce il trauma di un’esplosione ravvicinata. Poi il purgatorio della faticosa ricerca di un senso all’esistenza negli anni successivi, «nell’imminenza d’attesa». Infine il paradiso dell’approdo alla fede, dopo la conversione al cattolicesimo, avvenuta nel 1929, e l’ordinazione sacerdotale, nel 1936, nella famiglia rosminiana, con l’acquisizione della certezza che «soltanto san- tità compie il canto»: il poeta diventa così un mistico capace di cantare anche il dolore della sofferente infermità degli ultimi anni di vita. Ma, soprattutto, la lettura della Commedia ha rappresentato un momento importantissimo nella formazione di Rebora, che ci ha lasciato un’edizione del poema con postille in matita rossa e blu – la tipica matita bicromatica utilizzata dagli insegnanti per correggere i compiti dei loro alunni (già prima della guerra Rebora era stato docente di materie letterarie) – a indicare rispettivamente la grazia e il peccato. «Si tratta – spiega Cicala – di annotazioni che seguono il dibattimento interiore e la meditazione spirituale del poeta», chiose che molte volte «attestano un continuo uso, personalissimo e meditato, del poema dantesco come viatico alla piena conversione di fede, ma anche consuetudine, conforto, alimento di un sempre più mistico approfondimento». Il saggio di Cicala documenta anche le presenze dantesche nella produzione poetica di Rebora ed è arricchito da un’appendice di inediti, contenente i testi di alcuni appunti relativi a una serie di lezioni su Dante risalenti agli anni 1929-1930 – di cui riportiamo qui una riflessione sul ruolo di Maria nella Divina Commedia– e le note dantesche contenute nei cartigli scritti dal 1930 al 1950.

Roberto Carnero

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