mercoledì 8 giugno 2016
L'attore debutterà il 24 agosto a Rimini con un nuovo monologo: dal titolo «Ci vorrebbe un amico».
Il debutto di Gioele Dix: «Ci vorrebbe un amico»
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«Quando viene a mancare il tuo migliore amico, che titoli hai davanti al mondo per soffrire? Non è tuo fratello, non è un tuo parente, ma tu hai perso una parte di te stesso, sei devastato e gli altri non possono capire. È una storia che avrei voluto raccontare da tanti anni, ma mi son sempre trattenuto per pudore». Sorprende ancora una volta Gioele Dix, attore pensante che le masse televisive conoscono soprattutto come comico di Zelig e i più attenti, invece, come profondo interprete teatrale e regista, allievo di Franco Parenti, nonché appassionato divulgatore della Bibbia. Gioele Dix, al secolo David Ottolenghi, è riuscito a superare le sue remore grazie all’incontro col regista Otello Cenci, direttore creativo del Meeting di Rimini. Dopo una serata di chiacchiere e confidenze l’anno passato per un altro progetto per il Meeting, L’impronta. Cuori moderni, Dix ha deciso di mettersi a nudo e raccontare una grande amicizia, vera e profonda, tra due bambini che poi diventano uomini, divisi all’improvviso da un drammatico destino. Così sarà per la prima volta in scena al Meeting il 24 agosto in Diversi come due gocce d’acqua. «Lo spettacolo è dedicato al mio amico Renzo Marotta, che faceva parte del movimento di Comunione e Liberazione. E il titolo viene da una poesia della polacca Wislawa Szymborska, che descrive perfettamente come eravamo Renzo ed io: due ragazzi molto diversi la cui anima aveva un’unica visione. La nostra era una relazione fraterna: un fratello non te lo scegli, un amico sì».  Renzo era il vicino di casa a Milano del piccolo David, il primo incontro a undici anni per colpa di una chitarra. «Lui ce l’aveva, io sognavo di averne una. Così cominciammo a suonare insieme. Capii subito che quella persona non era un semplice compagno di classe o di giochi. Ma era un amico». I due diventano inseparabili, e cominciano a condividere esperienze ed emozioni di pari passo: le vacanze, la musica, i primi amori, la scuola, i racconti, le prime complicazioni, i viaggi a Parigi, il militare, il matrimonio di entrambi, la nascita dei figli. «Finché il 3 febbraio del 1986 in autostrada nei pressi di Trezzo sull’Adda Renzo perde il controllo dell’auto, si schianta e muore – ricorda Gioele Dix con un sospiro –. Aveva trent’anni e lasciava un figlio di tre mesi. E qui si apre la seconda parte della mia vita, quella senza di lui. Una ferita che non si rimargina, un vuoto mai riempito. Spesso mi domando, oggi che ho sessant’anni, che uomo sarei diventato se lui fosse ancora vivo. Probabilmente un uomo migliore». Tutto questo verrà raccontato nello spettacolo del Meeting, ma con un sorriso e con molte parti comiche, «perché noi eravamo dei giocherelloni e perché questo non è un elogio funebre». Un posto importante, anche nel monologo teatrale, avrà la religione, come l’ha avuto nella vita di David e Renzo. «Lui entra nella Gioventù Studentesca, movimento da cui poi è nata Cl, ai tempi ginnasio presso il liceo Carducci, e comincia a parlarmene. Io ho tuttora un legame importante con la mia fede ebraica, così ci confrontiamo e discutiamo – ricorda l’attore –. Mi porta anche a sentire don Giussani che parla, sono momenti importanti della mia vita». Come importante per tutti e due era la preghiera. «Io dicevo che lui era più avanti di me perché pregava in modo stabile e organizzato. Lui rispondeva che c’era per lui il rischio di pregare in modo meccanico, ed era meglio quello che facevo io che pregavo con i fatti». Sul palco del Meeting Gioele Dix ha deciso di mettersi alla prova, di essere totalmente sincero, «di parlare anche di affetto. Noi siamo arrivati a quella consapevolezza di essere un bene l’uno per l’altro e ce lo siamo detti, ti voglio bene. Penso sia molto importante soprattutto in questi tempi di divisione di trasmettere questo messaggio di condivisione». Uno spettacolo in linea col tema di quest’anno del Meeting “Tu sei un bene per me”, che però sarà un unicum «perché il Meeting è il posto giusto. Racconto Renzo davanti alla sua gente, è una sorta di regalo personale, non so se sia una cosa da portare in giro per i teatri, dovrei trovare una formula adatta». L’amicizia tra Renzo e David è anche un grande esempio di dialogo. «Il rapporto tra ebrei e cattolici ora è molto buono in Italia, per non parlare di Cl che è apertissima sul tema – aggiunge Dix –. A me dispiace che Renzo si sia perso, essendo morto due mesi prima, la visita che papa Wojtyla fece alla sinagoga di Roma nell’aprile 1986. Io mi ero commosso. Pensavo a lui, a noi, a quanta strada avevamo fatto insieme. Ecco, io ero più piccolo di lui, ma mi sarebbe piaciuto potermi vantare e dirgli che ero suo “fratello maggiore”, come aveva detto il Papa degli ebrei. Ai ragazzi di oggi vorrei far capire l’importanza di coltivare l’amicizia, di coltivare le differenze ed impegnarsi mettendoci tutto se stessi».  Dopo Rimini, nella prossima stagione, l’attore e regista tornerà a teatro nei panni del Malato immaginario di Molière e tornerà ad affrontare l’Odissea vista dalla parte di Telemaco in uno spettacolo dedicato a padri e figli. Infine proprio in questi giorni l’attore sta girando una fiction per Rai 1 sulla storia di Lucia Annibali (interpretata da Cristina Capotondi), l’avvocatessa sfregiata con l’acido, in cui Dix interpreterà la parte del chirurgo Edoardo Caleffi che l’ha presa in cura. «Sarà una fiction molto bella e significativa – assicura –. Anche in televisione occorre dare un senso a quello che si fa».
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