sabato 25 gennaio 2014
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La recente Esortazione Apostolica del Santo Padre, Francesco, con­tiene un’analisi del meccanismo di mer­cato che ha suscitato molto dibattito a livel­lo internazionale, in particolare laddove critica «le teorie della "ri­caduta favorevole", che presup­pongono che ogni crescita econo­mica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione so­ciale nel mondo» (54). Queste teo­rie sono efficacemente riassunte da una diffusa metafora secondo la quale «quando la marea sale tutte le barche salgono» e perciò, fuor di metafora, quando il mercato si e­spande, alla fine tutti ne traggono un beneficio, per quanto piccolo. Ma la realtà è diversa. L’accelerazione verso la Grande Re­cessione del 2008 negli Stati Uniti è stata preceduta da un rilevante au­mento del Prodotto Interno Lordo americano fra il 2000 e il 2007, sen­za che il reddito delle famiglie ne traesse alcun beneficio: quando con la crisi la 'marea' si è ritirata ed è poi nuovamente salita le famiglie ame­ricane non ne hanno tratto alcun beneficio, e sono rimaste intrappo­late in fondo al mare. In concreto il reddito mediano delle famiglie a­mericane nel 2012 è ritornato al li­vello del 1995. E allora chi ha gua­dagnato dall’aumento della pro­duttività negli anni della crescita, e chi continua a mantenere i guada­gni acquisiti? La marea si è alzata, ma ha portato in alto solo una élite ristretta, l’ormai famoso 1% più ric­co, che ha risucchiato, come un tor­nado, tutti i benefici prodotti dal­l’intera economia.Cosa sarebbe accaduto all’econo­mia americana, se il beneficio e­conomico fosse invece andato in modo proporzionale a favore di tutte le famiglie? La marea si sa­rebbe realmente alzata per tutti, le famiglie, disponendo di un reddi­to maggiore, non si sarebbero in­debitate in misura così elevata, for­se la crisi sarebbe stata 'normale' anziché diventare una Grande Re­cessione, e si sarebbe evitata la pro­pagazione all’Europa, provocando una seconda recessione europea nel 2012-2013. Non diversamente, anche in Italia l’impatto della crisi sarebbe stato meno pesante se i consumi delle famiglie non fossero stati com­pressi da un eccesso di pressione fiscale, che ha prosciugato i loro risparmi e la capacità di stabiliz­zare nel tempo il loro tenore di vi­ta. Anche in Italia, perciò, la marea del mercato 'dimentica' alcune categorie sociali, sia quando cre­sce sia quando si ritira. Le teorie della 'ricaduta favorevole' si rive­lano perciò sbagliate sul piano em­pirico e il motivo è che esse tra­scurano di considerare i legami profondi, ma essenziali, fra distri­buzione delle risorse e sviluppo e­conomico: l’equità sociale è una premessa essenziale per uno svi­luppo equilibrato, perché rispon­de alle domande dei bisogni, che lasciate al mercato rimangono in­vece senza risposta.Il bambino che ha bisogno di cibo, cure quotidiane, affetto, giochi, i­struzione, e molto altro ancora, do­manda risorse alla società, pur non avendo alcun 'merito' di merca­to e quindi 'titolo' a risorse: è que­sta l’origine della povertà materia­le dei bambini nel mondo, nono­stante essi rappresentino il futuro della società e la sua sopravviven­za nel tempo. La famiglia e i geni­tori si assumono così un compito di straordinaria importanza socia­le, ma ciò si scontra contro il fatto che le società moderne considera­no i figli come un fatto puramen­te privato, in cui i bambini rappre­sentano una scelta alla stregua di una lavatrice. Così come pochi comprendono che il problema del­le pensioni non esisterebbe se le famiglie fossero libere di scegliere per i loro figli desiderati, redistri­buendo risorse all’interno di una catena generazionale che include nonni, figli e nipoti.Le teorie della 'ricaduta fa­vorevole' falliscono perché non possono, per loro na­tura, tenere conto dei biso­gni essenziali, ma privi di un 'me­rito' produttivo: quale potrebbe essere infatti il 'merito' produtti­vo di un bambino o di una perso­na che ha bisogno di cure? Il mer­cato, da solo, non risponde a que­ste domande, senza essere consa­pevole del fatto che se manca una risposta adeguata il mercato crol­lerà, presto o tardi.Lo Stato sociale è perciò indispen­sabile per il funzionamento del mercato: deve essere migliorato per tenere conto dei bisogni e dei sog­getti sociali a essi più vicini, in par­ticolare la famiglia, ma una sua ri­duzione acritica, motivata solo da ragioni di bilancio, contribuisce so­lo a peggiorare le prospettive futu­re dell’economia. Sul piano teorico è possibile dimostrare come il mec­canismo di mercato possa portare a un utilizzo efficiente delle risorse disponibili, ma solo a condizione che ciascuna persona disponga di un valore minimo di risorse inizia­li e se la sua unica risorsa è il lavo­ro allora la piena occupazione di­venta una condizione indispensa­bile per il buon funzionamento del mercato. Ma tale meccanismo è muto di fronte alle ragioni dell’e­quità ed è possibile dimostrare co­me una appropriata redistribuzio­ne delle risorse sia indispensabile per far funzionare il mercato.L’equità, naturalmente, non signi­fica una generica eguaglianza, per­ché solo un giudizio di valore, eti­co o politico, può definire rispetto a quale condizione l’eguaglianza vada commisurata: il liberalismo democratico afferma l’eguaglian­za delle condizioni di partenza, ma questa idea, pur diffusa, trascura di definire quale sia il nastro di par­tenza. La nascita? La maggiore età? Ma non tutti nasciamo eguali: al­cuni avranno una voce da tenore altri gli occhi azzurri, ed entrambe le qualità possono generare van­taggi di mercato, ma vantaggi sen­za sforzo o merito. Inoltre può ac­cadere che, pur partendo eguali al­la partenza, comunque essa sia de­finita, alcuni siano più fortunati e altri meno: scriveva Machiavelli che la «fortuna è arbitra della metà delle azioni nostre», con ciò am­mettendo che i suoi consigli pote­vano, al meglio, applicarsi all’altra metà delle azioni.I moderni mercati assicurativi dovrebbero superare, in teo­ria, questi limiti, ma l’espe­rienza di questi anni dimostra che non sono riusciti a rendere la vita più sicura, se già non lo era prima. Una via nuova da percor­rere è piuttosto quella di com­prendere quando e come la 'rica­duta favorevole' possa essere dav­vero tale: è una strada nuova da percorrere, con l’aiuto di nuovi strumenti concettuali e una nuo­va visione di sviluppo.
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