martedì 28 gennaio 2014
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Novantaquattro anni e 100 album incisi. Già da questi freddi numeri si può intuire l'importanza di Pete Seeger. Ma per lui, simbolo del folk americano e della musica d'impegno, scomparso l'altra notte in un ospedale di New York, contano soprattutto le parole e i gesti.Nato in una famiglia di musicisti, alla fine degli anni '30, incontrò Woody Guthtrie e insieme costruirono le basi della storia del folk americano. La musica della gente, quella che cantava le storie degli ultimi, dei contadini e dei lavoratori sfruttati. La musica che si schierava senza mezzi termini contro la guerra - contro tutte le guerre - e che ispirò a Pete il brano manifesto dell'antimilitarismo, «Where have all the flowers gone?». In Italia molti ignorano chi sia Pete Seeger. E se fate ascoltare qualche over 50 la sua If I Had a Hamner, vi dirà: «È copiata da un brano di Rita Pavone».Povero Pete, negli anni '60 funzionava così: se un artista straniero pubblicava un brano orecchiabile, spesso lo trasformavano in una canzoncina stupida senza tenere minimamente in conto il significato del testo. Andò meglio alla sua Turn Turn Turn, resa celebre dai Byrds e basata sul libro dell’Ecclesiaste. Il suo brano più famoso, fuori dai confini americani, rimane probabilmente We Shall Overcome, portato al successo da Joan Baez e da tanti altri folksinger impegnati nella lotta ai diritti civili.. Negli anni 50 per le sue idee comuniste fu vittima del maccartismo. Mentre negli anni 60 e 70 fu usato dai movimenti di protesta dai quali prese subito le distanze. Ecologista dela prima ora, anche negli anni 80 e 90 – mentre il suo impegno politico si allontanava sempre di più dal marxismo – si impegnò in battaglie civili a favore di un mondo più pulito.Quando il, movimento Occupy Wall Street scese in piazza, anche l’ormai vecchissimo Pete si unì alla protesta. «Lo strapotere della finanza sta distruggendo il mondo. E’ un’altra forma di inquinamento ambientale». Ad un concerto in occasione del suo 90esimo compleanno al Madison Square Garden, Bruce Springsteen lo presentò così «È un archivio vivente della musica e della coscienza dell'America, una testimonianza del potere della canzone e della cultura a forgiare la storia».
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