giovedì 24 marzo 2016
Pietrosanti e Ferretti dialogo d’arte sull’Annunciazione
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Oggi, Giovedì Santo ma anche “vigilia” della festività dell’Annunciazione, inaugura a Roma nella Galleria La Nuova Pesa (via del Corso 530, ore 19.00) “Non avere timore”, progetto nato dalla collaborazione tra l’artista Roberto Pietrosanti e Giovanni Lindo Ferretti. Il dialogo tra i due, consumatosi lungo nove mesi nella solitudine appenninica di Cerreto Alpi, è ruotato attorno all’annuncio a Maria. «È possibile una rappresentazione estranea all’immaginario che ha nutrito la cristianità negli ultimi due millenni? – si sono chiesti – Siamo all’origine del mistero della Incarnazione; un attimo eterno, appena prima che l’Angelo pronunci: “non avere timore”». Si tratta di un’opera unitaria, di cui in questa pagina pubblichiamo i diversi elementi. Nella project room della galleria, completamente dipinta di blu, è installata al centro una “iconostasi” metallica (sotto), chiamata a operare una frattura simbolica nello spazio: un pannello traforato di armi, in cui l’artista ha dato forma a un’intuizione di Ferretti.

 

 

 

Oltre l’iconostasi, sulla parete di fondo è collocato un trittico di tele, realizzato da Pietrosanti con migliaia di spilli (sopra). Sulle altre pareti le fotografie di Leonardo Aquilino – chiamato a Cerreto Alpi inizialmente per documentare il lavoro e poi autore di un repertorio di paesaggi, luoghi e ritratti che ricostruiscono il contesto dell’incontro e hanno costituito spunto per le conversazioni tra i due – e i “pizzini”, foglietti scritti a mano e inviati da Ferretti a Pietrosanti a contrappunto e stimolo del suo lavoro, confluiti in un libro d’artista realizzato per l’occasione. Dopo Roma, l’installazione, considerata dagli autori come un’opera aperta, andrà al castello di Rivara, nei pressi di Torino, per poi essere presentata anche in altre città italiane. Pubblichiamo qui i due “pizzini” specifici sull’iconostasi e sul trittico, mentre nel testo principale lo stesso Roberto Pietrosanti racconta la lunga genesi dell’opera e il rapporto con Giovanni Lindo Ferretti. Sul sito avvenire.it, infine, è un video di presentazione  del progetto, con la voce di Ferretti. (A.Bel.)

Alla fine degli anni ’90 ho iniziato un ciclo di opere dedicate all’idea di “voce”, della quale cercavo di cogliere una sorta di anatomia. La voce è un tema complesso da rappresentare visivamente. L’arte è più una silenziosa generatrice di dialoghi interiori. La storia dell’arte in tal senso è ricca di fascinazioni, anche molto efficaci; pian piano sono risalito alle origini iconografiche della voce, giungendo a uno dei temi prediletti dell’arte di tutti i tempi: l’Annunciazione.
 
 
Ho osservato le infinite evoluzioni di forma e di stile, attratto dalla costruzione della scena e dalla narrazione. Ho, in una parola, rintracciato la mia “materia”: un angelo, una vergine, una ripartizione spaziale ben definita. L’annuncio che scatena una tensione, la vertigine… L’Annunciazione è il mistero assoluto, poche parole sconvolgenti, è il Big Bang della nostra storia, della civiltà che coltiviamo. Ho così iniziato a pensare alla mia Annunciazione. Nel 2012 ho ascoltato per caso Codex, un disco da solista di Giovanni Lindo Ferretti. Lo ricordavo ai tempi dei CCCP, mi piacevano i suoi testi. Ascoltando Ferretti, il suo timbro basso e vibrante, le parole scanalate come colonne nei ritmi vorticosi, è riemerso il desiderio di sempre rispetto alle opere dedicate all’Annunciazione: metterle in relazione con una voce reale. Si è così radicata in me la necessità di incontrarlo e coinvolgerlo in un progetto folle: lavorare insieme intorno a un’Annunciazione, un’Annunciazione nel 2014, senza un programma predefinito, animato soltanto dall’intuizione che poteva uscirne qualcosa di buono. Uno scambio di lettere, il primo incontro a Roma.
 
 
 
Tra le molte perplessità si fa strada una possibilità concreta di collaborazione. Ferretti vive a Cerreto Alpi, sull’Appennino toscoemiliano. Le sue priorità sono le montagne e i cavalli. Era indispensabile lavorare vicini, non volevo un commento a distanza o uno scritto di accompagnamento alle immagini, bensì confrontarmi momento dopo momento, dando agli eventi un giusto periodo di sedimentazione. Agli inizi del novembre 2014 mi sono trasferito a Cerreto Alpi, coinvolgendo nel progetto un amico artista, Leonardo Aquilino, con l’intento di fargli documentare l’avventura con fotografie e video. Per queste opere ho scelto una tecnica a cui sono molto legato. Da lontano si presentano come essenziali, un segno dinamico, apparentemente tracciato di getto su una tela bianca, a matita o carboncino. Avvicinandosi alla superficie si ha la sorpresa: il segno è costruito da una miriade di capocchie di spilli infilati sulla tela. Si compie un cortocircuito visivo: il movimento rapido del tratto è ottenuto attraverso la più lenta delle esecuzioni, punto per punto, segno per segno. Ho iniziato a lavorare a pieno ritmo, l’isolamento di quel luogo montuoso giovava alla concentrazione. Ferretti compariva misteriosamente e altrettanto silenziosamente se ne andava. Emergevano i primi segni sulle tele bianche, le serate trascorrevano in piacevole conversazione, tra nebbie, boschi, prolungati silenzi. Dopo alcuni giorni, ecco il primo foglietto consegnatomi da Ferretti, un “pizzino” vergato a mano, inchiostro blu su carta a quadretti. Ne seguono altri. Dentro trovo il titolo perfetto: “Non avere timore”. E capisco che gli scatti fotografici di Leonardo devono comporre il paesaggio della storia. Al primo nostro incontro Ferretti, di fronte all’ipotesi di un lavoro sul tema sacro, ha espresso poche, acuminate parole: «L’unica immagine che vedo davanti ai miei occhi, se dovessi pensare un’annunciazione nel 2014, sono delle armi». Cosa c’entrano le armi in un’Annunciazione?
 
 
Su quella visione mi sono interrogato a lungo, giungendo a comprendere dopo qualche tempo il senso della sua intuizione. Ho voluto infine realizzare una “iconostasi”, un confine, una zona di separazione simbolica tra spazi, impiegando, a decine, sagome di bombe a mano, pistole, fucili, mitragliatrici. Lo sguardo di Ferretti ha scintillato: un’iconostasi guerresca, che idea! Questo lavoro è frutto del nostro incontro, “un’opera a due teste”, nei fatti una scultura in acciaio inox con un decoro a traforo di armi. L’iconostasi porta dentro di sé l’eco di una storia millenaria che attraversa le culture dal Mediterraneo al Nord Europa: il profilo geometrico di una pala d’altare medioevale, gli scomparti affiancati a dividere lo spazio, la fitta decorazione a intaglio dall’andamento arabeggiante. Le tre tele e l’iconostasi sono la nostra Annunciazione.
 
Roberto Pietrosanti
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