venerdì 5 giugno 2015
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«Viviane Lambert ama suo figlio e propone persino, con suo marito, di riprendere Vincent in casa. In nome di cosa possono rifiutarlo? In nome di quale principio Vincent dovrebbe morire, quando può vivere sotto lo sguardo amorevole della famiglia e con le cure di cui ha bisogno?». Al di là di ogni astratto principio giuridico, sono domande che invocano un’elementare umanità quelle poste dagli amici d’infanzia di Vincent, che hanno scelto fino all’ultimo di affiancare la battaglia dei coniugi Lambert, creando in particolare un «Comitato Vincent Lambert» la cui petizione ha raccolto più di 36 mila firme. Sostenuti anche da personalità come Xavier Ducrocq, professore di neurologia all’Università di Nancy, o Eric Germain, noto costituzionalista, si sono battuti fino al verdetto della Corte europea dei diritti umani, spinti soprattutto da una violenta sete di giustizia. Per Grégory Stifani, il miglior amico di Vincent fin dall’adolescenza, l’orientamento del foro di Strasburgo è sconcertante. Come tante altre persone, è certo di aver stabilito un contatto con l’amico: «L’ultima volta che l’ho visto, quando ha ascoltato la mia voce, si è messo ad aprire dolcemente gli occhi. Abbiamo immediatamente stabilito un contatto». Per lui, nessun dubbio sulla «volontà di Vincent di combattere per vivere». Altro caro compagno di scuola, Emmanuel Guépin ha scelto a sua volta di esporsi per dire al mondo che «negli ultimi anni, Vincent ha voluto aggrapparsi alla vita». Analizza: «Altrimenti, come spiegare che abbia potuto resistere a una trentina di giorni senza cibo?». Dopo ogni nuova visita all’amico, la sua rabbia è cresciuta: «Perché questo accanimento a volerlo fare morire? Ci sono tantissime altre persone in Francia e nel mondo che si trovano in uno stato simile. Occorrerà allora arrestare i trattamenti per tutti e chiudere un settore della medicina? Perché Vincent è rimasto prigioniero dell’Ospedale universitario di Reims? Sarebbe possibile farlo uscire per ricoverarlo in una struttura specializzata adatta al suo stato. Perché l’unico rimedio deve essere la privazione di cibo e d’acqua?». È sotto choc pure Benoît Petit, altro compagno di scuola. Per lui, ogni tappa di quanto è accaduto mostra che Vincent è rimasto intrappolato da una costruzione artificiale promossa dai «sostenitori della scelta della sua morte». A coloro che continuano da anni a parlare di «stato vegetativo», Benoît ribatte: «Ma di cosa stiamo parlando? Vincent è certamente vittima di handicap, ma è davvero in vita. Respira da solo. E invece di addolcire la sua sorte con delle cure in una struttura specializzata, vogliono sottoporlo a eutanasia».
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