sabato 5 gennaio 2013
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«Spero proprio che tra i ragazzi dell’oratorio che disputeranno le partite negli stadi di Serie A ci siano tanti figli di immigrati, magari con la pelle nera. Voglio vedere se, a quel punto, ci sarà qualcuno che avrà il coraggio di intonare ancora i cori razzisti». È la provocazione di Gianni Rivera, campione del Milan e della Nazionale e oggi presidente della Settore giovanile e scolastico della Federcalcio. Secondo Rivera il comportamento assunto dai giocatori del Milan – che giovedì pomeriggio all’ennesimo «buuu» hanno lasciato lo stadio della Pro Patria – è stato un segnale forte per tutto il sistema, «anche se l’iniziativa avrebbe dovuto nascere dall’arbitro», precisa. «Bisogna però stare molto attenti – aggiunge – perché questa cosiddetta minoranza potrebbe decidere anche di fare sospendere una partita a suon di ululati, magari solo perché la squadra per cui tifano è in svantaggio di un paio di gol...».Rivera, a chi spetta il compito di espellere i razzisti dagli stadi?Tutti devono dare un contributo. Dalla politica ai club, dalle istituzioni alla società civile, dai calciatori ai tifosi. Ci vuole un’organizzazione generale che crei le condizioni per cui chi non ama il calcio resti fuori dagli impianti. Si dice sempre che sono pochi soggetti: se è così, non dovrebbe essere poi così difficile identificarli.Qualcuno adesso si chiede: se quella di Busto Arsizio fosse stata una partita ufficiale di campionato, sarebbe stata sospesa?Certamente il fatto che si stesse giocando un’amichevole ha favorito la decisione. Ma purtroppo o per fortuna, come diceva Benedetto Croce, la storia non si scrive con i «se». Vedremo cosa accadrà in futuro, qualora questi episodi vergognosi dovessero ripetersi.Ancor prima di chiedere al Parlamento di approvare la legge sugli stadi, non sarebbe il caso di non far arrivare sugli spalti coloro che ci sono oggi e non dovrebbero starci?Una cosa non esclude l’altra. A mio avviso, la legge sugli stadi, approvata a certe condizioni, è importante per recuperare il gap che separa le società italiane da quelle dei principali campionati europei. Ma, contemporaneamente e con urgenza, bisogna risolvere la questione razzismo.Lei lavora a contatto con i giovani. Quanto è importante sensibilizzare le nuove generazioni di calciatori sulla questione educativa?Con il centro federale di Coverciano e con la scuola allenatori insistiamo molto su questo punto. Occorre creare tecnici in grado di insegnare a giocare, ma soprattutto a vivere. I ragazzi vanno indirizzati verso la qualità e la tecnica, ma al primo posto viene il rispetto delle regole. Bisogna essere anzitutto ottimi cittadini e poi anche buoni calciatori.Come giudica l’iniziativa che porterà il calcio degli oratori negli stadi di serie A?È un messaggio importante. La valorizzazione dello sport che si pratica in oratorio è un bel ritorno al passato. Perché guarda al futuro.
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