giovedì 10 luglio 2014
L'Argentina ha conquistato l'accesso alla finalissima di domenica a Rio battendo ai calci di rigore per 4-2,l'Olanda (M.Castellani),
GERMANIA-BRASILE L'ironia del web | Gli sprechi fanno piangere più dei 7 gol 
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Dopo la grande abbuffata tedesca che ha fatto fuori la miseranda Seleçao con tanto di capottone (7-1), chi si aspettava un analogo spettacolo pirotecnico nella semifinale tra Olanda e Argentina si è illuso, e di grosso. Un match equilibratissimo sulla carta e ancora di più in campo. L'Olanda reduce dalla lotteria dei rigori vinta (grazie anche al cambio geniale di Van Gaal: dentro il provvidenziale portiere di riserva Krul per il titolare Cillessen) sulla stoica Costa Rica, si presenta all'Arena Corinthians con la voglia matta di arrivare fino in fondo. Davanti agli orange della triade magica Sneijder, Robben e Van Persie, c'è da fare i conti con la storia, una finale – una delle tre fallite - persa contro l'Argentina del '78 e poi con il presente di una Seleccion che mostra al mondo l'unico 10 assoluto contemporaneo: Leo Messi. Quest'ultimo, la “Pulce” del Barcellona, deve dimostrare che è ormai giunto il tempo di diventare il nuovo Maradona, quindi di caricarsi, come faceva El Diego, sulle sue spalle l'Albiceleste e trascinarla a una finalissima del Maracanà dal doppio profondo significato: punire nell'orgoglio i “nemici” brasiliani e poi la rivincita con la Germania che a Roma, nel '90, soffiò il titolo all'Argentina maradoniana. In questo traffico di corsi e ricorsi, lo spettacolo non decolla. L'Olanda a tempo di record recupera l'infortunato De Jong, l'Argentina invece è costretta a rinunciare al suo faro di centrocampo, il galattico Di Maria. Unica conclusione del primo tempo, al 14', quella di Messi che saggia la titolarità di Cillessen con una punizione dal limite che il portiere alandese blocca sicuro. Il tridente mascherato dell'Argentina, Messi-Higuain-Lavezzi, non riesce mai a liberarsi della marcatura stretta della difesa a 5 schierata da Van Gaal. Non rischia niente neppure quella a 4 di Sabella. Ne esce così una sfida di studio, come previsto, con centrocampo bloccato su entrambi i fronti e difese attente e concentrate a non scoprirsi mai. Match comunque corretto, con il primo ammonito, Martins Indi che ferma con una strattonata Messi (il secondo sarà Demichelis). Anche nella ripresa la palla gira lontana dalle due aree di rigore. Il primo vero pericolo lo crea l'Argentina con il “Pocho” Lavezzi che prova a sfondare sulla sua fascia, la destra, rimette al centro per la testina d'oro di Higuain (il castigatore del Belgio) la cui conclusione è fortunosamente stoppata. Van Gaal dopo un'ora di generosa presenza richiama in panchina De Jong e fa debuttare Clasie. Ma non si avvertono cambiamenti di sorta. Anzi, l'intensità cala come la temperatura, 15 gradi sotto la pioggia battente e “invernale” di San Paolo che non stimola affatto le giocate di due selezioni che sembrano quasi voler prolungare il tutto fino ai tempi supplementari. Le rispettive tifoserie non gradiscono e passano dai cori di incitamento ai fischi di legittima delusione. Lecito attendersi qualcosa di più da un parterre di questo livello e soprattutto da due potenziali finaliste destinate ad incrociare la Germania setteprodezze. Manovre macchinose, da sbadiglio. Nel grigiore generale non si salva neppure Messi, francobollato dagli avversari, ma mai in grado di liberare un briciolo di quella fantasia che solo a sprazzi si è vista in questo Mondiale. Puntuale con il gol nelle prime tre gare, contro Bosnia, Iran e doppietta con la Nigeria, Messi poi ha scioperato con Svizzera e Belgio e anche con l'Olanda. All'80' Sabella “cava” Higuain e Perez, per inserire Palacio e il genero di Maradona, Aguero, magari sperando che il carisma del Diego Eupalla scenda sulla sua Argentina. In pieno recupero Robben si mangia il gol-finale con Mascherano che si immola per fermare la botta sicura del funambolo del Bayern. E' l'unico rimpianto dell'Olanda e anche l'unico brivido per gli argentini che congelano lo 0-0. Si va ai supplementari. Secondo surplus ai tempi regolamentari di fila per l'Olanda. Lo psicologo Sabella nel timeout strizza le maglie e i cervelli appannati dei suoi, specialmente quello del “messia” Messi che non può tradire ancora la fiducia del popolo di Gardel e Soriano. Serve una composizione poetica delle sue, di quelle che da trascinatore del Barça lo hanno incoronato nobel del football per tre volte (Pallone d'Oro). Ma la palla gira solamente nel lato oscuro della luna e c'è gloria solo per i disimpegni comodi dei 9 difensori, un po' troppi su 22 in campo per sperare in qualche attimo di imprevedibilità che è poi il sale del calcio. Van Gaal come contro il Messico, rigioca la carta Huntelaar al posto di uno spento Van Persie. Spazio al 99' per una conclusione a sorpresa di Robben che Romero intercetta senza difficoltà. La gabbia olandese intercetta sul nascere ogni velleità di Messi. Un Lavezzi sfumato in fretta, al minuto 100 cede il posto a Maxi Rodriguez. L'Olanda sembra avere ancora un po' di benzina in più (specie Robben) e la spende tutta fino in fondo. All'inizio del secondo tempo supplementare, le squadre sono sfinite e gli unici segnali di vitalità arrivano dagli spalti, specie dalla “torcida” dell'Argentina che chiama a gran voce i suoi, a cominciare da Messi al quale indirizza l'ultimo disperato appello. L'sos lo raccoglie, casualmente, Palacio che davanti a Cillessen si inventa uno sciagurato pallonetto di testa senza esito, così come il tiraccio al volo di Maxi Rodriguez. Inevitabile a quel punto la roulette russa dei rigori, accolta anche con un certo sollievo dall'Arena paulista, data la pochezza degli inutili 120 minuti giocati. Van Gaal non ripropone il pararigori Krul e si affida ai guantoni di Cillessen. Ma questa volta il fenomeno della porta è Romero che dice di no a Vlaar e Sneijder. Non bastano i rigori trasformati da Robben e Kuyt, perchè l'Argentina non sbaglia un colpo con Messi, Garay, Aguero e Maxi Rodriguez. L'Olanda chiude tra le lacrime, l'Argentina come 24 anni fa affronta la Germania nella finale del Maracanà. Ma lo diciamo fin da ora, per superare i tedeschi servirà un altro Messi e tutta un'altra Seleccion.
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