martedì 24 marzo 2020

In questi giorni, una parola turca, benché di origine araba, affiora continuamente nella mente già affollata da immagini, bollettini medici della Protezione Civile, voci inquietanti di amici e conoscenti. È affiorata così e me la sono ripetuta alcune volte, poi l’ho confrontata con quella che ripeto ben più sovente in italiano per esprimere, balbettando, la situazione attuale. Il termine italiano è “catastrofe” sanitaria. È catastrofe, parola di origine greca che significa un capovolgimento, una specie di ri-voluzione. Cioè quel che stiamo vivendo è uno stravolgimento: lo è e lo sarà a cose finite. Tuttavia catastrofe designa solo, per quanto ne sappia, un senso di movimento. La parola arabo-turca è invece molto più pregnante, a mio avviso: felaket è sì catastrofe, ma la radice rinvia al cielo, alle stelle. È una guerra stellare quella che stiamo vivendo, una catastrofe ecologica, perché noi – uomini e donne – facciamo parte dell’ecosistema. Visto dal cielo, quel che stiamo vivendo, è una perdita di esseri viventi che sono gli uomini e le donne: una perdita irrimediabile e molto rapida, che non potrà non avere impatto sul domani. Quel termine turco, oltre a ricordarmi delle sciagure a cui ho assistito in altre occasioni della vita, sembra offrire una chiave di comprensione più globale di un semplice “stravolgimento”. Qui, la catastrofe è naturale, e quindi anche umana. Non stiamo vivendo un semplice movimento, alla fine del quale tutto tornerà come prima: no, scordiamocelo. Ricordiamo l’11 settembre? Sfido a dire che il mondo non abbia cambiato un po’ il suo corso. Ecco qui vi è ancora di più.
È il Signore stesso che ci riconduce a pensare quel che viviamo in termini più globali, più vasti: «Sapete dunque interpretare l'aspetto del cielo e non sapete distinguere i segni dei tempi?» (Mt 16, 1-3). Sappiamo riconoscere il virus, e non vogliamo riconoscere che qualcosa ci sta facendo cambiare? La prima sfida lanciata dal virus è nel saperlo riconoscere (per addestrarlo, domarlo, ridurlo a silenzio), ma poi occorre riconoscere che cosa non ha funzionato nel corso della storia dell’umanità di questi ultimi decenni, forse dell'ultimo secolo. La guerra, se possiamo davvero utilizzare questo termine – sicuramente impropriamente – è stellare, interstellare, perché ne va di tutto il cosmo. Non si parla di stelle cadenti, forse? Secondo me, e lasciatemi un poco di poesia nello strazio, le stelle stanno piangendo. I nostri occhi non possono nemmeno alzarsi per guardare il cielo, ma adesso molte stanno stelle piangendo, con noi, con i cari malati, con coloro che sul letto di morte, si spengono nella solitudine accompagnati solo – solo? – da medici e infermieri.
Sursum corda, allora, in alto in nostri cuori…. Per capire che quel che viviamo è parte di una storia celeste.

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