venerdì 5 febbraio 2021
L'altra sera a casa abbiamo rivisto "Titanic". L'abbiamo già visto cinque volte forse, eppure ancora siamo rimasti davanti alla tv tre ore. Certo, è avvincente il transatlantico orgoglioso che fende l'oceano, fiero e inconsapevole, con i suoi passeggeri di prima classe spensierati e felici; e i poveretti, nelle cabine cieche sottobordo, che sognano l'America, e non immaginano il loro destino. Ci somiglia la gente del Titanic, penso, e oggi anche di più: per questo, non ce ne riusciamo a staccare. Poi quei due ragazzi giovanissimi, belli, decisi a sfidare le convenienze, le classi sociali e perfino il naufragio, forti del loro amore. Ci somiglia il Titanic, anche nei sedici anni. E il terribile urto, e la possente nave che, ferita a morte, agonizza e s'inclina: ognuno di noi è un po' il Titanic, nell'ultima ora. E gli uomini che, mentre l'acqua rabbiosa invade le stive, si affannano a una via di uscita? Siamo noi, ancora noi, nei nostri incubi, quelli del Titanic. Infine il transatlantico dormiente negli abissi, città sommersa con le sue meraviglie, non ci affascina stranamente? Diamanti e ori, sepolti nel buio impenetrabile dell'oceano. Che c'entri forse con me e con voi, anche quel perduto tesoro? Una segreta impronta, lucente, unica, stampata nel profondo di noi - che ce ne dimentichiamo.
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