sabato 6 febbraio 2021
Un salto indietro di pochi giorni. Sarà perché il traffico in zona rossa è scarso, ma le cornacchie sugli alberi sotto casa non si sono mai sentite così forte. Fin dal primo mattino gridano il loro verso sgraziato dai rami spogli. (Non è gradevole, va detto, il canto delle cornacchie: non riesco a fare a meno di pensare che ridano sguaiate di noi, che per strada passiamo). Invece c'è un merlo, uno solo, che nonostante il freddo si ostina a fischiettare, dal cortile. Lo cerco con lo sguardo e non lo trovo. Gli lascio delle briciole sul davanzale: merlo gentile, che nel freddo di gennaio deposita una nota lieta fra le nostre mura grigie. Ma, leggo, nei paesi e anche nelle periferie delle città spente del Covid sono tornate a riaffacciarsi le volpi, che, caute, osano entrare nei cortili; e i caprioli calano, timidi, nei vicoli innevati dei borghi degli Appennini. Caprioli, merli, volpi. Figure delle fiabe dei bambini, leggende forse, che quasi mai vediamo da vicino. Come appartenessero all'evo dell'infanzia, o dei sogni. Penso alla mite quasi invisibile folla di creature che, non più spaventata dai rombi dei motori, sfiora le case degli uomini. Che sia anche questo un segno? Nel mondo schiacciato dalla pandemia, il Creato timidamente rialza la testa e bussa alle città degli uomini. Quasi a domandarci una nuova accoglienza, e pietà.
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