venerdì 11 gennaio 2019
Ci sono ancora in Italia piccoli editori che inseguono una loro idea di letteratura e di libro, fedeli a modelli antichi, di chi, attraverso i libri, parla anche delle proprie convinzioni e illusioni. Ho conosciuto qualcuno di questi editori, come José Corti a Parigi, ostinato apostolo di due solitari come il francese Gracq e il portoghese Torga (che gli italiani si ostinano a ignorare), o Vanni Scheiwiller a Milano, appassionato diffusore della grande poesia nazionale e internazionale, e tra i tanti piccoli che oggi seguono le mode, uno almeno ne sfugge e mi sembra appartenere a quella tradizione, Riccardo Corsi con le Edizioni degli Animali, di cui mi stupisce e commuove il nome dato alla sua rigorosa piccola impresa. È a queste edizioni che devo la scoperta recente degli scritti di Pavel Florenskij, il grande teologo e scrittore russo che Stalin fece ammazzare, ispirati a Le tentazioni di Sant'Antonio di Flaubert ma, allargando, all'Antonio del romanzo e Antonio della tradizione. E ora di un poeta francese di cui è impossibile non innamorarsi, Thierry Metz, che fu sterratore e muratore ed ebbe una vita disastrata (un'auto travolse il figlio di otto anni sotto i suoi occhi, e lui morì nel 1997 ad appena 40 anni) e i cui versi hanno una forza che viene anche dal loro alto modello Rimbaud. Sulla tavola inventata, si intitola la raccolta di Corsi, che l'ha amorosamente tradotta. Ma dei poeti conta conoscere i versi più che i discorsi che si fanno su di loro, e prendo da quest'esile libro pieno di grazia una prosa e due poesie. La prima: «L'uomo è entrato nel villaggio con le prime stelle. Cerca un posto dove dormire, ma è tutto chiuso. Una stradina lo conduce a un lavatoio circolare, cinto da una tettoia. È sufficiente, dice, dormirò qui. Si distende su una pietra, vicino alla vasca sotto il cielo, il viso rivolto all'Orsa minore. Ma nel momento di addormentarsi, intuisce una presenza, più d'una, intorno a lui, ritirate in un cerchio oscuro. Prova a cercare ma intorpidito da una tiepida brezza si assopisce». La poesia, che come le altre non ha titolo: «Tu sai che sempre / uno tra noi / si assenta/ per abitare la luce / la lingua / poeta o manovale / convitati da una parola / illuminata». E ancora: «Dov'è il fratello alchemico / uomo della prima / dell'ultima cena / dalla voce scarlatta, lieto / nell'avvampare delle mani / sulla tavola inventata / il volto in fiamme / come un'alba / come acqua / che si ritira meravigliata / come una notte / che si consuma / in oscura creta / il volto / come un uccello semplificato».

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