giovedì 21 gennaio 2021
Lei ha 23 anni, e per un esame imminente studia fino alle due di notte. Anche se guarda un film, o legge, tira le due. Al mattino è tramortita dal sonno. Devi dormire di più, le dice la mamma. Mormora dal letto Caterina - ancora, come scriveva Manzoni, «con gli occhi di' tra i peli», legati fra le ciglia : «Non ho tempo per dormire». Sorrido: esattamente ciò che dicevo io, alla sua età. Lavoro, esami, amici, e partite a Risiko infinite, i piccoli carri armati rossi gialli e blu seminati sul planisfero di cartone. Ogni notte, le lancette dell'orologio dicevano: le due. E la sveglia alle sei, alle sette in redazione. Morta di sonno mi alzavo barcollando. Ma, dicevo, "Non ho tempo per dormire". Troppe cose da fare, da conoscere: troppe storie da raccogliere nelle strade di Milano, troppi libri da leggere, troppa speranza di incontrare qualcuno, cui volere bene per sempre. Ventiquattro ore non mi bastavano, in quella voracia di vivere che riconosco ora in mia figlia. Riconosco anche il suo infilare il cappotto in gran fretta, la porta di casa che sbatte, i passi svelti giù per le scale. E capisco che sofferenza debba essere, per dei ragazzi, essere prigionieri in zona rossa. Perché la vita è sempre altrove, a vent'anni, e si corre, per afferrarla: come salendo su un treno che già si muove sui binari, e va verso un'ignota, bellissima destinazione.
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