venerdì 22 febbraio 2019
La piccola e meritevole casa editrice Italo Svevo pubblica tra Trieste e Roma a cura di Giovanni Nucci una «piccola biblioteca di letteratura inutile», agili libri a volte proprio inutili ma a volte preziosi come Sulla poesia di Giorgio Caproni o un adattamento teatrale del Moby Dick addirittura del giovane Orson Welles a cura di Paolo Mereghetti, e ora il Praz di Raffaele Manica, letto con particolare attenzione in ragione della forte simpatia avuta da sempre per le opere di Mario Praz e per il suo autore. Sono anche colpevole di aver rubato il titolo di una sua raccolta per delle mie sciocchezze, Bellezza e bizzarria. Grande anglista, grande critico di fama internazionale, Manica, uno dei pochi critici degni di quest'appellativo, affronta la sua opera con devota ammirazione, dandoci acute introduzioni alle sue molte facce, ma non è del libro che vorrei parlare bensì, stimolato dai discorsi ascoltati in giro su una recente trasmissione televisiva dedicata alla cantante Mia Martini, alla nomea che Praz aveva, come la Martini, di essere uno... iettatore, un portatore di disgrazie. Fu per me uno scandalo scoprire che anche dei miei amici e degli illustri studiosi, talvolta allievi o colleghi universitari di Praz, anche editori e redattori di case editrici, anche famosi critici letterari, non osavano fare il nome di Praz e lo chiamavano “il professore”, o “MP”, o “il grande anglista” eccetera... e se qualcuno invece lo faceva subito c'era tra loro chi faceva le corna o si toccava... Ho incrociato Mario Praz in gioventù cercando un suo introvabile libro in una libreria antiquaria di Roma, e il libraio mi disse: «Guardi che c'è qui l'autore, può chiedere a lui». Praz fu gentilissimo, incuriosito dal giovinastro in jeans e maglietta interessato ai suoi lavori... Lo rividi più volte molti anni dopo quando, redattore alla Garzanti, scendevo a Roma per la revisione delle bozze dei suoi libri che venivano aggiornati e ristampati, e ricevetti a Milano una sua telefonata con altre affannose correzioni dall'ospedale in cui era stato ricoverato, meno di una settimana prima che morisse. Ho di lui un ricordo grato e felice. Ricordo anche quello che mi venne raccontato sull'origine della sua nomea, legata a un furto in casa sua: la figlia (una ragazza handicappata) di Praz sentì dei rumori e accese la luce nella stanza in cui erano al lavoro dei ladri e uno di loro, che si era arrampicato sulla spalliera di un divano per staccare un quadro dalla parete, cadde malamente e si ferì, e fu Praz, accorso, a prestargli i primi soccorsi. Altre leggende corrono, come su tutti i presunti iettatori di ieri e di oggi.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI