venerdì 27 settembre 2019
Essendo, come tanti, piuttosto ignorante in fatto di scienza, ho cercato di esserlo di meno, senza gran risultati, dal tempo in cui Geymonat introdusse al pubblico italiano, per Feltrinelli, un saggio del filosofo e narratore C. P. Snow, Le due culture, che vedeva nella separazione tra scienziati e letterati (constatando la grande ignoranza dei secondi in fatto di scienza) una delle ragioni dell'incapacità dei più di capire come il mondo evolveva, e come invece sarebbe stato opportuno che evolvesse. (Ricordo con simpatia l'entusiasmo di Vittorini quando scoprì, grazie a Snow e a un divulgatore come Asimov, l'importanza della scienza!). Da allora, ho seguito con interesse il lavoro di più divulgatori, finendo per stancarmi assai dei divi ed entertainers da televisione e magazine, sempre entusiasti di come il mondo gira e dello sviluppo e del progresso in tutte le sue forme. Per fortuna ci sono anche divulgatori come Telmo Pievani, il cui ultimo libro, La Terra dopo di noi, è uscito da Contrasto (pagine 182, euro 22,90) accompagnato dalle foto di Frans Lanting sui guai del pianeta. Più delle foto, che finiscono per rendere colorati e affascinanti anche gli effetti del disastro ecologico, ho trovato esemplare il discorso di Pievani, che illustra con pacatezza, chiarezza e infine durezza la situazione del pianeta e dice che se l'homo sapiens sparirà per sua colpa dalla faccia della Terra, la Terra continuerà a vivere. La geniale definizione di “antropocene” per il periodo in cui l'uomo ha conquistato e portato al disastro il pianeta, è del chimico Crutzen, un premio Nobel, ed è recente. Ma l'antropocene sta per finire? Il dominio dell'uomo ha portato il pianeta all'agonia, con l'illusione delle “magnifiche sorti e progressive”, e a me viene sempre in mente Sotto il vulcano di Lowry, per la scritta che apre il libro, che compare alle porte dei giardini pubblici in Messico: «Abbiate cura di questo giardino che è vostro», abbiate cura dell'“aiuola” che, dice Dante, ha bensì visto la nostra “ferocia”, più feroce anche delle belve più aggressive. Pievani divide il suo lavoro in capitoli conseguenti: la Terra senza di noi, prima di noi (con noi “prima specie autominacciante”), e oggi contro di noi, per nostra colpa (il clima!). Eppure potrebbe tornare a vederci solidali, noi e Lei, se solo sapessimo «coltivare l'umiltà evoluzionistica». Pievani cita anche Greta, che proprio in questi giorni ha affrontato i grandi della Terra, i primi grandi nemici della Terra e dell'umanità e di se stessi, con la decisione e la infantile purezza e saggezza che ebbe – ho pensato – Giovanna d'Arco davanti ai suoi giudici. (Sono andato a rileggere le risposte di Giovanna e ho riletto il discorso di Greta, e qualcosa di simile l'ho pur trovato...).
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