venerdì 7 febbraio 2020
Un piccolo prezioso libro di Nadia Terranova (Un'idea d'infanzia. Libri, bambini e altra letteratura, edizioni Italo Svevo) raccoglie alcuni dei tanti interventi della giovane scrittrice messinese, apparsi su più testate, che riguardano i modi vecchi e nuovi di raccontare l'infanzia. C'è una saggezza un po' fuori tempo, in questi scritti, che vanno da Pinocchio alle immagini di Franco Matticchio, per l'attenzione e il rispetto sia della scrittura per l'infanzia – un settore della narrativa che ha una gloriosa storia alle spalle, a Dickens a Twain, da Elsa Morante a Roald Dahl – sia, e soprattutto, per l'infanzia, in un'epoca in cui questo ramo della creatività ha subito, come tutto, una mutazione o una radicalizzazione e pervasività di tendenze che certamente erano da sempre in atto ma che sono diventate negli ultimi due o tre decenni puramente, ciecamente, solamente
mercato. Alla lettura di questo libro io affiancherei di conseguenza le altrettanto acute, informate, solide perlustrazioni di questo ramo della letteratura che ci vengono periodicamente offerte dalla rivista del gruppo bolognese Hamelin, dallo stesso nome. “Gli Hamelin” analizzano con una perseveranza e acutezza uniche nel quadro italiano la produzione letteraria e fumettistica (e altra ancora) che riguarda l'infanzia, e nel gruppo il più preciso e attento esaminatore della produzione libraria corrente è Nicola Galli Laforest, che sa leggere nei libri che escono le tendenze (e le astuzie) che segue l'editoria maggiore, ben di rado orientatasi orienta a fini rispettosi dei bisogni infantili, ma inseguendo o suscitando le mode più compiacenti nei confronti di un odioso conformismo epocale. E trascinando i bambini nella scia di un conformismo tutto di oggi. Il mercato che riguarda l'infanzia è tra i pochi davvero prosperi dell'economia di questi anni (ahinoi, insieme a quelli delle armi, del cibo, del turismo e
delle comunicazioni…), e l'editoria ne fa massicciamente parte. Un mercato, appunto, le cui motivazioni non sono quelle di nutrire e liberare l'intelligenza e la fantasia dell'infanzia, ma di condizionarle spingendole dentro la logica delle merci. E non può che venire in mente per gli esempi più sciagurati e per l'editoria più forte la frase evangelica sulla macina da mulino, o l'aureo libretto di Janusz Korczack sul rispetto dell'infanzia. La letteratura per l'infanzia come una forma di pedofilia mercantile? Sì, nella stragrande maggioranza dei casi. Ma per fortuna, ci ricordano Terranova e Laforest, ci sono anche grandi e belle eccezioni (soprattutto o quasi soltanto nell'editoria minore e più esigente e tra gli scrittori che non somigliano alle “professoresse” di don Milani), e allora, come diceva la già citata Morante parlando dei rari capolavori della narrativa del nostro tempo, è davvero il caso di «sciogliere le campane» e di far festa.
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