giovedì 11 marzo 2021
Mi pare incredibile. Ti ho davanti agli occhi, la vigilia di Natale, l'ultima volta che ti ho visto. Io con la mia solita domanda: da che parte vado ora, a fare cosa, e a cosa servo? Mi hai dato una risposta così vera, che mi ha meravigliato. Mi sono detta: ma come fa, a conoscermi così bene? Eravamo amici, ma ci vedevamo raramente. A volte un WhatsApp, una battuta: ridevamo delle stesse cose. Era però, stranamente, come fossimo cresciuti assieme, come fossimo in qualche modo fratelli.
Poi, quel 20 dicembre abbiamo parlato del Covid, di quanto misteriosamente anche fra noi uno venisse preso e l'altro lasciato. Mi hai salutato sulla porta della canonica dicendomi, con dolcezza: «Sai, poi spesso Dio ci chiede di andarcene proprio quando non ne avremmo voglia…». Tre giorni dopo eri malato. Dall'ospedale ancora ci siamo sentiti per WhatsApp. Vedi di non fare scherzi da prete, ti ho intimato. Tu, di rimando: ok. Il 31 dicembre ti ho fatto gli auguri. Non mi hai risposto. Non mi hai risposto più.
Sei morto dopo quasi due mesi di combattimento ostinato. Abbiamo pregato in migliaia, per te. Volevamo che restassi con noi. Ma ora, don Antonio, Anas, prega tu per noi. Prega per quelli che hai battezzato, assolto, sposato, benedetto, amato. Prega per noi ora tu, che sei arrivato in cima a questa interminabile parete di roccia. Tu, che finalmente vedi faccia a faccia.
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