venerdì 12 luglio 2019
C'è un gruppo di scrittori di lingua tedesca che ha segnato indelebilmente la storia della letteratura del Novecento, e che si spera possa segnare anche quella di questo nostro incerto secolo, quando tutti scrivono ed è raro trovare negli autori di oggi un pensiero che ci aiuti ad affrontare degnamente i nostri doveri di esseri umani nei confronti del prossimo, della natura e di noi stessi. Un libro recente di una casa editrice che possiamo chiamare nuova anche se ha tutta una storia alle spalle, la Treccani, sinora specializzata nella famosa Enciclopedia e in annuari (ma con un sito tra i pochi che vale la pena di seguire), ci fa pensare a quella pleiade di grandi che sono meno letti di quanto non sarebbe giusto e utile. È una raccolta di Conversazioni con W. G. Sebald (che comprende anche saggi) curata da Lynne Sharon Schwartz, una brava scrittrice americana di quelle che spaziano tra i generi e sanno come piacere ai critici dei nostri giorni, ma senza perdere di mordente. In un tempo in cui è indispensabile diffidare, in partenza, degli scrittori di professione o che vogliono diventarlo. Titolo della raccolta: Il fantasma della memoria. La prefazione, bella e coinvolta, è di Filippo Tuena. Grazie alla Adelphi, che ha il torto di essersi lasciata sfuggire questo libro, del 2007, che avrebbe aiutato non poco i lettori che si innamorarono di Sebald quando era ancora Bompiani, oggi di Sebald molti parlano e forse molti lo leggono. Sebald parla di sé e della Germania, della guerra, dell'Europa, della Storia che ha visto e vissuto, dell'obbligo morale della memoria, e parla dei propri libri, spesso con un'educata vena ironica; parla di una ricerca che non è solo letteraria, ma anche dell'"imponderabile" che presiede alla Storia e alle singole vite, e della sua, di vita, su cui è tornato, dice, per cercar di capire «chi in realtà io sia». (Dice anche: «Cosa significa reale col senno di poi?») Parla anche del suo ricorrente incubo dei bombardamenti aerei e della loro orrida gratuità (ed è un tema affrontato in un piccolo e bellissimo testo edito di recente da Meltemi, un lavoro insolito, ampiamente documentario, di Alexander Kluge, un regista cinematografico della generazione dei Fassbinder, Herzog, Wenders,: L'incursione aerea su Halberstadt dell'8 aprile 1945). Ma la passione per Sebald e per quanto se ne apprende dai saggi e conversazioni raccolti dalla Schwartz rischia di farmi dimenticare il punto di partenza di questa rubrica e cioè la pleiade dei grandi del '900 tedesco a cui Schwartz collega Sebald, e che parte da Kafka per comprendere pochi altri, come Robert Walser (forse con Kafka il più influente di tutti), come Thomas Bernhard, come Paul Celan, ma anche come Ingeborg Bachman, Uwe Johnson, Peter Handke e altri ancora. Ah, se gli scriventi italici li leggessero e meditassero!
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