mercoledì 17 marzo 2021
Per quasi un anno, dei parenti, degli amici più vicini, nessuno si era ammalato. Sentivamo le sirene per Milano, guardavamo sbalorditi i tg da Bergamo, uscivamo, poi, con la mascherina. Ma il virus non ci toccava mai direttamente, era sempre faccenda di altri. In fondo in fondo, quasi stentavamo a crederci davvero.
Poi, un vicino. Poi, a Natale, un amico. E un giorno, di colpo, un'intera famiglia a noi molto cara si è ammalata, dalla nonna al bambino. Il bambino ha fatto uno starnuto, ed è guarito. I giovani genitori, come una brutta influenza. Ma la nonna, cinquantenne e in gamba, è finita in ospedale con il casco, e si è temuto per la sua vita. Noi, a casa, sbalorditi al silenzio sul suo cellulare, che non rispondeva più ai messaggi. Come avendo scoperto che è vero. Che in pochi giorni, davvero, ti puoi trovare di fronte alla morte.
Statisticamente raro forse, ma non così tanto. Anzi, rispetto a marzo, pare che il virus colpisca più vicino, che il cerchio si stringa. Come ritrovarsi a tavola con un ignoto convitato, che con grande naturalezza siede con noi, quasi fosse di casa. Come è possibile, ci chiediamo, chi lo ha fatto entrare. Lo sconosciuto, tranquillo, se ne resta lì. Forse non verrà a cercare proprio noi. Ma che sbalordimento, quell'inatteso commensale. Con la sua sola presenza disfa ogni nostro piano – ogni precostituita certezza.
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