martedì 16 febbraio 2021
Appena si può, voglio tornare sulle guglie del Duomo. Tanti anni, che non vado lassù. Ma ricordo che è una cosa bellissima. Al primo istante, è vero, quando dal piccolo ascensore spunti sul tetto e guardi all'orizzonte, Milano attorno, che sembra non finire mai, può sgomentare. Riconosci il Pirelli e i nuovi grattacieli, poi cerchi sotto, fra le case attigue, la tua, di quando eri bambina. Non la trovi. Sali ancora e sei sola, ora, fra il cielo e le mille statue sulle guglie. Alcune altissime, invisibili. Ma queste, qui accanto: facce di santi e martiri così perfettamente cesellate nelle mani, nel volto, nelle ciocche dei capelli. Erano uomini altri da noi, pensi, gli artigiani che scolpivano con pazienza infinita volti, che nessuno avrebbe visto mai. Chissà quanto grande avevano il cuore, chissà che mani - mi pare di vederle, forti, calcificate dal lavoro, annerite.
Poi, nell'orizzonte severo delle montagne, è il cielo che preme sul tetto del Duomo, e le maestose nuvole lombarde. Si può restare lì, fra le guglie, e lasciarsi avvolgere da quel cielo come dalla coperta che tua madre ti rimboccava a letto, prima di dormire. (Straordinari, pensi ancora, quegli uomini, che costruirono cime candide dentro un cielo di montagna, nel cuore della pianura).
Scendi, ricordo, e ti senti più in pace. Anche il tuo passo nervoso sul marmo della Galleria più calmo - come consolato.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI