domenica 7 marzo 2021
Lui ha cinque mesi. Farlo giocare è facile: basta fargli fare l'aeroplano, basta lasciare che ti morda le mani, come un piccolo leone. Farlo dormire, è meno semplice. Gli si chiudono gli occhi dal sonno, ma, cocciuto, non cede. Con i figli usavo un carillon a forma di mela, che suonava la ninna nanna di Brahms. Tiravi la cordina, e il carillon suonava di nuovo. Con il nipote metto su YouTube la stessa ninna nanna in loop, in continua ripetizione. Comodo, devo dire. Cinque minuti, e il leoncino mi si abbandona fra le braccia, come più pesante, nel sonno. Questa ninna nanna mi trapassa il cuore: era la colonna sonora, ai tempi del primo figlio. Quando contemplavo sbalordita quel bambino, quasi senza crederlo vero; e mi districavo, incapace, fra pannolini e biberon. Prima, ero una giornalista, e un inviato. Partenze di corsa, passaporti, visti, aerei. Adesso galleggiavo trasognata in quelle note. Sarei stata capace di lavorare ancora? Mi si era irrimediabilmente spostato il baricentro del cuore. Poi, quasi una doppia vita, e, sempre, come divisa a metà. Ma non avrei potuto smettere di lavorare. La ninna nanna in loop mi ipnotizza. Fa venir sonno anche a me. Fuori, ogni giorno, nuovi focolai, e lockdown. Che dono è dormire con te, bambino. Finalmente il telefono non squilla, il caporedattore non chiama. Mi pare un premio: a sessant'anni, finalmente nel baricentro del mio cuore.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI