giovedì 25 marzo 2021
Sull'Autosole verso Roma, un giovedì mattina. Fa freddo, la primavera tarda. Tra Milano e Bologna il traffico è scarso, ma rombano numerosi i Tir, pesanti di merce. Mi consolano: sembra che un po' di sangue giri ancora, nelle vene di un'Italia in letargo.
Da Bologna in giù, più nessuno. Nelle gallerie della Direttissima, sotto l'Appennino, chilometri senza vedere un'auto. Surreale. Mi accorgo che in un'ansia inconscia accelero: cerco la fine del tunnel. Un caffè, soprattutto per vedere delle facce. Ma il parcheggio è desolatamente vuoto, e la giovane barista sopra la maschera ha occhi gravi, preoccupati.
Verso Roma, le corsie deserte. Che pena: pare di muoversi in un Paese infartuato. Penso a quante volte, d'estate, abbiamo maledetto il traffico e le code. Vorrei una coda, adesso, e automobilisti affacciati al finestrino impazienti, vocianti, arrabbiati.
Proseguo verso Sud. È perché non c'è nessuno, che faccio caso ai nidi sugli alberi ancora brulli? I nidi dell'anno scorso, sui rami spogli, aspettano. Torneranno i migratori, e una giovane femmina si fermerà in un nido abbandonato e lo sistemerà pazientemente con il becco, perché sia pronto per la prole.
Nidi, migliaia di nidi sugli alberi, quanti ne ho visti, da Lodi a Roma. Non li avevo mai notati. Forse, nel silenzio, gli occhi si fanno attenti ai segni.
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