martedì 9 agosto 2022
«La prima cosa che penso, tutte le mattine, appena mi sveglio, è che sono felice. Anche oggi sono vivo. Anche oggi ho da lavorare. Anche se sono in grado di usare solo le mani e la testa, mi ritrovo colmo di entusiasmo come fossi uno scolaretto al mattino pronto a partire per una gita». Takashi Paolo Nagai, medico di Nagasaki, scriveva queste parole mentre era costretto a vivere supino a causa delle conseguenze di una leucemia mieloide causata dalle sue ricerche sulle potenzialità della radiologia in campo medico. Sopravvive alla bomba atomica lanciata sulla città il 9 agosto 1945 e che aveva provocato 70mila morti, tra cui la moglie Midor che gli aveva fatto scoprire la fede cattolica. Muore nel 1951 dopo avere trascorso gli ultimi anni disteso su un letto in una capanna di due metri quadrati, ed essere diventato punto di riferimento per migliaia di persone che lo andavano a trovare e motore della ricostruzione morale e materiale della città ischeletrita dalla bomba. Scrive libri che diventano best seller - “Le campane di Nagasaki” il più famoso -, usa i denari di un premio letterario per fare piantare mille ciliegi e ripopolare di bellezza la landa atomica. Un risveglio di umanità in circostanze disumane. Nella devastazione dell'atomica, un fiore di speranza nutrito dalla fede.
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