domenica 10 luglio 2022
È sempre un'emozione guardare “Il ritorno del figliol prodigo”, capolavoro di Rembrandt custodito all'Ermitage di San Pietroburgo. Quando dipinge questo quadro, nel 1688, il più famoso pittore di Amsterdam è ridotto in miseria, vive in una stamberga, ha visto morire la moglie, la compagna e il figlio, sente avvicinarsi la morte. L'abbraccio misericordioso con cui il padre accoglie il figlio è immagine di quello che Rembrandt si prepara a ricevere al termine della sua esistenza. È un quadro pensato e realizzato per sé, non è un caso che alla sua morte venne trovato nella sua abitazione e nessuno ne rivendicò la committenza. Il figliol prodigo viene ritratto in ginocchio, gli indumenti a brandelli, i calzari consumati, un piede ferito per il lungo cammino percorso fino ad arrivare a casa. Il padre è in piedi, in una posa statuaria, l'espressione del volto fa pensare a un cieco, un uomo che ha consumato gli occhi scrutando l'orizzonte per anni, ogni giorno, in attesa di un ritorno che finalmente è arrivato. Le sue mani affondano nelle spalle del figlio, la destra è robusta, maschile, la sinistra è affusolata, ha tratti femminili: Dio è padre e madre, in quell'abbraccio il figlio assapora l'energia rigeneratrice del perdono e trova la forza di ricominciare.
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