domenica 5 aprile 2020

Parole in libertà, in giorni senza libertà: chiusi per virus, non possiamo fare. Ma possiamo continuare a pensare…

Giorno 25

E’ ancora domenica, ma ancora non c’è nulla che ce la fa distinguere. Sappiamo quanto, non sappiamo per quanto. Conosciamo il prezzo di quasi tutto e il valore di quasi nulla. Presto saremo capaci di andare su Marte, ma intanto per difenderci da un microrganismo dobbiamo andare a nasconderci in cantina. Ci chiediamo tanto e ci rispondiamo così poco che alla fine dimentichiamo anche quello che volevamo sapere. Poi però nel gioco delle domande, ne arriva una che non si può schivare: quanto costa una vita?

Facile la risposta: non ha prezzo, ovviamente. Invece anche sì. Lo ha calcolato “The Economist”, il settimanale inglese che come dice il nome continua a fare il suo mestiere. Lo ha stabilito (un po' a spanne peraltro) usando come cavia l’esempio degli Stati Uniti, dove all’iniziale prospettiva di sopportare un milione di morti hanno preferito correre ai ripari, investendo risorse per tamponare la strage e destinando sinora all’emergenza l’equivalente di 60mila dollari a famiglia. Il calcolo è freddamente matematico, non ha il cuore per pesarlo né il cervello e il coraggio per valutarne ora la portata a epidemia finita. Ma sarebbe questo al momento il prezzo della vita, il costo di una scelta, l’alternativa a lasciar fare alla natura quello che vuole senza opporsi e senza spendere.

Ora che l’immunità di gregge dopo le pecore ha perso anche i pastori, ci si chiede ogni giorno se è meglio preferire ciò che è giusto o ciò che è vantaggioso, il problema è che ci vogliono convincere che siano due concetti diversi. Asserragliati a oltranza o riaperti con cautela; immobili e devastati nelle tasche ma ancora respiranti, oppure fuori dalle caverne a cercare di riaccendere la macchina dell’economia prima che non funzioni più del tutto, ma potenziali untori e a forte rischio di essere unti.

O la vita o la borsa: alla fine il bivio è sempre quello. Ma in una rapina puoi scegliere: qui, anche se sai bene qual è l’opzione logica e inevitabile, puoi solo accettare quella che viene decisa da altri. Augurandoti che il giusto prevalga, se non perché è la cosa migliore, almeno per disorientare la nostra generazione di sbagliati cronici.

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