martedì 26 gennaio 2021
Ci alzavamo che era ancora notte fonda, pesti del sonno in sacco a pelo negli ostelli. Un caffè dal thermos, lo zaino chiuso in fretta, e via, in marcia - sul Camino Inglés, dalla Galizia verso Santiago. Era aprile, un aprile piovoso: appena fuori mi inebriava il profumo della terra umida, gravida di germogli.
Cominciavamo il Rosario mentre una falce di luna in cielo impallidiva. Allora nel silenzio e nel buio da una cascina si alzava il canto di un gallo, aspro. Era un segnale. Pochi secondi dopo un altro gallo, e un altro ancora. E in quell'istante, a Est, il primo chiarore dell'aurora.
Mi commuoveva il canto del gallo, come la fine di una battaglia. Andando per sentieri nei boschi, senza luce se non una torcia, capivo per la prima volta che cos'erano le notti di un tempo: e come col calare del sole i viandanti si rifugiassero in locande e stalle, al sicuro. Forse i messi degli imperatori, sui loro destrieri orgogliosi, nell'argento della luna piena cavalcavano anche nella notte, impavidi? Ma era l'ora dei briganti la notte, e, nella fantasia del popolo, di streghe, capaci di maligni incantesimi. Allora il gallo cacciava gli incubi, e il sole ridava al mondo fattezze benigne.
Ci siamo dimenticati, noi, di cos'era la notte, e del canto del gallo. In campagna, da vecchia, vorrò un gallo. Che mi commuova, con la sua voce aspra, ogni mattina.
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