venerdì 19 luglio 2019
Ogni tanto mi ricordo di aver fatto il critico cinematografico, nella seconda metà del “secolo del cinema”. Poi il cinema ha smesso di essere il fenomeno culturale più di massa di tutti, deposito dei sogni e delle speranze di buona parte degli abitanti del pianeta, arte avvicinabile e comprensibile anche per gli analfabeti (ricordate: «l'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica»?), e ha perduto, per le masse e anche per me che ne faccio pur parte, quasi tutto il suo eros meno che in ristrette minoranze di artisti, oggi bensì condannati, se davvero tali, alla marginalità. Ci riportano al passato due libri che ripropongono le recensioni e divagazioni cinematografiche di due intellettuali d'altri tempi, più o meno degli stessi anni, tra guerra e dopoguerra, due letterati o giornalisti di buona fama, Irene Brin ed Ercole Patti. Della prima, la preziosa ed esigente Archinto ha raccolto grazie all'acume di Tommaso Mozzati gli “scritti sul cinema 1935-1946” col titolo molto briniano di Piccoli sogni di vestiti e d'amore. Giornalista di costume (maestra di tante, da Cederna a Tornabuoni ad Aspesi), la penna della Brin è aguzza e vivace, e ci aiuta a capire la presa e il fascino del cinema in anni ormai lontani. La si legge con ammirazione e curiosità e si impara molto sull'epoca, oltre che sul cinema... Vi sono anche recensite, veri pezzi di bravura, le maggiori sale cinematografiche romane. Va tutto al contrario con un suo contemporaneo, Ercole Patti, scrittore minore ma molto degno (1903-76, con due libri da ricordare, Giovannino e Un bellissimo novembre, e con gli acuti elzeviri di Quartieri alti) di cui La nave di Teseo ripropone Tutte le opere in un volume massiccio e ingombrante, di grande formato e di ben 3.214 pagine, al micidiale prezzo di copertina di ben 60 euro. Chi mai se lo comprerà? È proprio vero che i libri non li si pubblica più perché circolino ma per garantire il flusso di denaro di un'economia finanziaria, non produttiva... Servirà forse alla carriera accademica dei coniugi Zappalà che l'hanno curato con scrupolo perfino eccessivo, e ai quali non riusciamo a perdonare le mille pagine (sic!) delle insignificanti, occasionali, superficialissime critiche e note cinematografiche di questo piccolo emulo dell'immenso Brancati (di cui dobbiamo agli stessi curatori riproposte invece assolutamente necessarie). Insomma Patti mi sembra essere stato uno dei peggiori critici cinematografici del suo tempo, che pure vide scrivere e magnificamente di cinema scrittori come Flaiano Palazzeschi Bertolucci Brancati Morante Moravia Alvaro Pratolini e tanti altri. Mille pagine inutili, che non giovano all'apprezzamento del loro autore. Misteri della nuova editoria, ma non dell'eterna accademia.


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