domenica 14 marzo 2021
C'è ogni mattina un'ora, quando sorge il sole, in cui chi esce molto presto di casa vede una città trasfigurata. Anche a Milano l'alba ha una sua austera bellezza, nel silenzio delle strade e nelle sfumature d'acciaio dei grattacieli, nei fari gialli delle auto che premono ansiose ai caselli. Nelle luci che vanno spegnendosi alle finestre delle case, una dopo l'altra, e nella quiete materna e ombrosa delle chiese. E perfino nel fracasso dei camion che ingoiano la spazzatura nella loro bocca vorace, e poi se ne vanno, il ventre pieno, come branchi di goffi animali notturni che fuggono la luce. E i passi di corsa dei pendolari giù per le scale della metropolitana, e quelli – passi assonnati, o saltellanti – dei bambini che vanno all'asilo. La luce chiara ogni mattina promette che, passata la notte con le sue ombre, un altro giorno comincia, come una pagina bianca: ed è ancora possibile sperare. Sembra un dolce inganno l'alba, con la sua purezza verginale, e provo tenerezza per noi, che ogni mattina, anche se stanchi o malati, in quella luce ricominciamo. Immaginatevi se non ci fosse la notte, e il sonno, quella pausa di benigna effimera morte; e se mancasse, al primo chiarore, l'alzarsi in volo degli uccelli, e la voce delle campane. Se mancasse il nostro affacciarci e sorridere, solo perché c'è il sole. E vestirci e uscire nell'aria fresca, dentro una inconscia tenace speranza, in questa Milano arancione scuro: che sia, oggi, un giorno buono.
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