mercoledì 31 marzo 2021
Qui sotto casa, a Milano, era zona di movida notturna: tanti locali, auto sui marciapiedi, voci e rumore fino alle tre. Nel palazzo i condomini borbottavano. Ma c'era tanta luce dai caffè, e tanta gente che andava e veniva, così se anche a mezzanotte scendevi con il cane ti sentivi tranquillo. Adesso, alle dieci si spengono tutte le insegne, rincasano in fretta i passanti, le ultime moto rombano uscendo da Milano lungo corso Sempione. Notte fonda, e buia come mai l'ho vista.
Annaffio l'edera sul balcone e guardo la strada. Mentre una campagna immersa nella notte sussurra, viva, la città così nera è una macchina immobile, che mi fa paura.
Allora mi viene in mente la domanda di un figlio a cinque anni, una mattina d'estate, al mare. Sotto il sole di luglio l'ombra del tetto, nerissima, tagliava in due il cortile, netta. «Mamma, a cosa serve l'ombra?» ha chiesto il bambino. E prima che io, distratta, rispondessi, lui stesso, assorto: «Forse, l'ombra serve perché siamo più contenti della luce». L'ho guardato meravigliata: «Cos' hai detto?» Ma già era tornato a giocare col suo dinosauro di gomma.
Strane cose dicono i bambini piccoli, a volte. Voglio però ricordarmelo, in questa sera buia a Milano, vent'anni dopo: l'ombra, serve perché siamo più contenti della luce. Perché nell'oscurità aspettiamo l'alba. Che ritorna sempre, fedele.
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