venerdì 26 ottobre 2012
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​Con una decisione piuttosto rara nella procedura del Palazzo, la commissione bicamerale per gli Affari regionali ha espresso una bocciatura senza appello per il decreto sui tagli ai costi della politica delle regioni e degli anti locali. In genere infatti si sceglie la via più soft di un parere positivo con alcune "condizioni" nelle quali sono indicate le parti da cambiare. Invece questa volta la bicamerale ha fornito un parere nettamente negativo alla Bilancio ed alla Affari costituzionali della Camera. A loro volta i presidenti di queste due commissioni hanno hanno scritto una lettera al premier Mario Monti, in cui sollecitano il governo a spostare il termine del 30 ottobre entro il quale le regioni dovrebbero adeguarsi ai parametri sui costi della politica definiti dal recente decreto del governo. «La lettera – ha chiarito Pierangelo Ferrari relatore in commissione Affari costituzionali al decreto – è stata sollecitata da tutti i gruppi parlamentari durante il dibattito nelle commissioni riunite» che stanno esaminando il decreto nel merito. Nella missiva si sottolinea, riferisce ancora il deputato del Pd, «che il termine del 30 ottobre previsto dal decreto entro il quale le regioni devono adeguarsi ai parametri di riduzione dei costi, è incompatibile con i tempi di esame del decreto stesso da parte del Parlamento» che, con la doppia lettura andrà sicuramente oltre questa data. «Questa lettera – ha puntualizzato Ferrari –  non è un atto formale su un aspetto formale del decreto, ma è un atto politico».Intanto la Corte dei Conti ha avviato controlli sugli enti locali per l’attuazione dei nuovi compiti e delle nuove funzioni affidatele in merito. E la bicamerale per gli Affari regionali, nella sua bocciatura, ha messo sul banco degli imputati proprio l’articolo del decreto che prevede che la Corte dei Conti debba operare un controllo di legittimità preventivo su tutti gli atti normativi e di programma di regioni (tra cui la spesa sanitaria) e di enti locali. Su questo la commissione rileva «la carenza di incisive modalità di interazione ed interlocuzione con le autonomie territoriali, in relazione all’esigenza di una graduale modulazione degli interventi in materia di rafforzamento della partecipazione della Corte dei Conti al controllo sulla gestione finanziaria».Nulla da dire, invece, sull’articolo che taglia i costi della politica (vitalizi, fondi per i gruppi consiliari, ecc), anche se la commissione «ravvisa l’opportunità di un rafforzamento della leale collaborazione tra Stato e autonomie territoriali in merito al contenimento delle spese». Nel parere, la commissione giudica «apprezzabili» le misure «tese a determinare una riduzione dei costi della politica nelle regioni», ma ritiene «insufficiente l’impianto complessivo del provvedimento e di non piena compatibilità con le prescrizioni del Titolo V della Costituzione», pensando soprattutto agli articoli sui «controlli della Corte dei Conti sugli atti delle regioni, dei gruppi consiliari e delle assemblee regionali e di enti locali». Il provvedimento, secondo il relatore del decreto in commissione Affari regionali, Luciano Pizzetti del Pd, «rappresenta l’atto di morte del federalismo e rinnega la storia repubblicana fondata sul concetto di autonomie. Abbiamo salvaguardato l’articolo 2 perché condividiamo la volontà di tagliare i costi della politica, ma sulle funzioni di Corte dei Conti e Ragioneria dello Stato la norma è francamente inaccettabile dal punto di vista della cultura autonomista».Pronto il commento del presidente della Conferenza delle regioni, Vasco Errani: «Abbiamo chiesto di riconvocare la Conferenza straordinaria il 30 ottobre ma ora di fronte alla bocciatura della bicamerale il governo ci deve dire cosa fare. Siamo in attesa di una risposta».
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