sabato 12 aprile 2014
Renzi lancia la riforma della PA. E da luglio «cambieremo regole Ue». «Se tra un anno non ci sono risultati, siamo anche noi chiacchieroni».
COMMENTA E CONDIVIDI

Passata Pasqua, il governo metterà a tema la riforma della Pubblica amministrazione. «Contro la burocrazia – tuona Matteo Renzi dal Salone del Mobile di Milano – serve una lotta violenta. Uso il termine "violento" perché non abbiamo alternativa». Poche ore dopo, tanto per rafforzare il concetto, lega i destini stessi dell’Expo 2015 alla guerra contro lacci e lacciuoli amministrativi: «Bisogna evitare che la burocrazia blocchi tutto, rispettando tutte le regole». Il progetto della ministra Marianna Madia è noto ed è confermato nel Piano nazionale di riforme allegato al Def: prepensionamenti per inserire giovani, dirigenti a tempo determinato e con limite ai mandati, tetto di 238mila euro agli stipendi dei manager, mobilità obbligatoria del personale a seconda delle esigenze della macchina amministrativa, rafforzamento dell’Autorità anticorruzione guidata dal magistrato anticamorra Raffaele Cantone.

Quello che sbarca nella città meneghina per celebrare la filiera italiana del mobile, e per incontrare i vertici dell’Expo, è il solito Renzi di lotta e di governo. Che annuncia, stavolta in modo più esplicito, che l’obiettivo del semestre Ue a presidenza italiana è cambiare le regole dell’austerity: «Non servono regole rigide se poi la disoccupazione aumenta. E lo diciamo noi che le regole le rispettiamo tutte, mentre altri non lo fanno – scandisce –. Faremo sentire la voce dell’Italia».

La promozione dell’attività di governo si mescola in modo sempre più evidente alla campagna elettorale per le Europee, che Renzi aprirà stamattina a Torino proprio mentre la minoranza Pd celebrerà la nascita del "correntone" interno. «Ci vediamo l’anno prossimo – promette il premier agli imprenditori dell’arredo –, e ci saranno risultati. Se non ci saranno, saremo anche noi dei chiacchieroni. Se falliamo, è colpa mia. Se il Palazzo mi cambia, vuol dire che sono inadatto».

Di fronte ad una platea con molti artigiani, Renzi riapre l’armamentario berlusconiano su tasse, evasione e banche. «Devono fare i fidi anche a voi, non solo alle imprese», dice. Poi conferma la sua strategia contro le frodi fiscali: «Non servono gli spot come a Cortina e Ponte Vecchio, la battaglia deve essere strutturale incrociando le banche dati». Promette, il premier, anche dichiarazioni dei redditi più facili, come previsto dalla delega fiscale. Insomma, Renzi è dalla parte di chi produce, non di chi, come politica, burocrazia e giustizia-lumaca, rallenta le cose. «Cercheranno di farcela pagare – spiega in riferimento ai "mandarini" della PA –, ma noi andiamo avanti fino alla fine. L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro ma affondata sulle rendite».

La sua uscita milanese è, come avvenuto in altre piazze nelle ultime settimane, accompagnata da blitz in strada da "cittadino normale", da saluti e "cinque" battuti con i ragazzini. Gli si avvicina anche una coppia gay che gli chiede quando potranno sposarsi in Italia. Il premier devia, se la cava con una battuta: «A Grosseto si fa veloce, ho visto». Resta il dubbio su come interpretare le sue parole, se considerarle ironia verso una magistratura solerte e creativa o altro.

In attesa del Cdm del 18 aprile che taglierà le tasse ai lavoratori con redditi medio-bassi, Renzi lima gli slogan per andare sopra il 30 per cento nelle elezioni di fine maggio. «L’Italia è viva e non rassegnata o raggrinzita», è la sua sferzata di ottimismo. Alternata a frasi in effetto, «ci interessano più gli F24 che gli F35» e a reminescenze da sindaco di Firenze: «Quando Michelangelo ha realizzato il David, a chi gli chiedeva come aveva fatto rispondeva: "Basta liberare il marmo che c’è in più"». Per il premier, la sfida è liberare l’Italia da chi l’ha immobilizzata negli ultimi 30 anni.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: