lunedì 16 settembre 2013
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Sono ore davvero drammatiche. In Italia non c’è solo lo spread con i bund tedeschi da tenere a bada. C’è uno spread molto più duro da governare: da un lato tutte le persone dotate di buon senso sono consapevoli che, senza crescita e senza riforma dello Stato, non usciremo dalla crisi economica e politica, dall’altro c’è qualcuno che a Firenze sta giocando la partita della vita per un obiettivo di breve periodo, per una poltrona da occupare tra qualche mese, per una posizione da reuccio che sfamerà il suo ego ma non le necessità dei cittadini. Facendo asse con chi svenderebbe il Paese e il futuro pur di afferrare l’impagabile soddisfazione di matare il toro Berlusconi, il nemico di sempre...». Gaetano Quagliariello parla con un filo di voce, quasi a confermare anche nei modi la fama di "colomba". Dosa ogni frase, si concede lunghe pause quando si accorge di avvicinarsi troppo all’orlo del precipizio. Ma tiene ancora stretto tra le mani quel fragile filo che proietta l’esecutivo oltre l’ostacolo della decadenza: «Ci sono ancora margini perché la vicenda non si chiuda mercoledì in modo traumatico. Ma tocca al Pd non sbattere la porta...».Forse quella sulla decadenza è l’unica scelta politica su cui il Pd non si divide. Lei cosa chiede all’alleato-avversario?Certo non chiedo al Pd di essere garantista. Ormai ci ho rinunciato. Non fa parte della loro cultura. O meglio, il garantismo tra di loro è un peccato così grave che chi se ne macchia rischia il linciaggio. Ma tra il garantismo e la corrida c’è uno spazio intermedio, che purtroppo si restringe giorno dopo giorno, in cui far valere le ragioni della responsabilità nazionale.In cosa consiste questo spazio?Gli atteggiamenti, le parole, lo stile con cui si affronta questa vicenda non sono irrilevanti, non sono un inutile corredo. Finora ci sono stati troppi errori: il Pd ha voluto trasformare l’iter in Giunta in una folle corsa, ha lottato per votare il mercoledì anziché il giovedì, ha rispedito al mittente dubbi ragionevoli sulla legge Severino. Tanti piccoli e incomprensibili sfregi, tanti segni di miopia di fronte ai rischi per l’Italia, come del resto è uno sfregio l’idea del voto palese in Aula.Cosa chiede, in concreto, al Pd, se non un voto contro la decadenza di Berlusconi?Nella storia del Pci, che loro dovrebbero conoscere bene, ci sono tanti momenti in cui i leader hanno saputo preservare quello che io chiamo un filo di continuità nazionale, un legame di responsabilità con le sorti del Paese. Il destino del governo, ma io insisto a dire dell’Italia più che del governo, non è segnato se dal Pd arriveranno segnali di rispetto per il nostro leader e per la nostra storia. Credo che comportamenti improntati alla responsabilità agevoleranno soluzioni positive. Non tocca a me né indicare la linea né le condizioni. Ma facciano uno sforzo di fantasia politica, si facciano carico di un valore indispensabile, il rispetto dell’avversario. Se pensano invece di chiudere la partita umiliando Berlusconi e chiedendoci di rinnegare venti anni di cammino politico, di diventare subalterni a loro, beh, è chiaro che non potremo permetterlo.A Berlusconi basta quello che lei chiama «rispetto» per non mandare all’aria il governo?Berlusconi sinora non ha parlato, e non certo perché non abbia cose da dire. Se resta in silenzio, è perché comprende più di ogni altro come le conseguenze personali e giudiziarie si mescolino in modo indelebile e drammatico alle conseguenze per l’Italia. Io credo che quando parlerà saprà riaffermare il suo ruolo di statista. Saprà trovare le parole per unire la ferma e dura contestazione di una sentenza che ha il sacrosanto diritto di ritenere ingiusta alla responsabilità verso il Paese.Potrebbe dimettersi?Non partecipo a questo gioco che forza i sentimenti di Berlusconi. Nessuno si arroghi il diritto di parlare in nome suo in questa fase.Enrico Letta dovrebbe fare di più?È il Pd che dovrebbe fare di più per Letta. È il Pd che dovrebbe guardare la luna anziché il dito. Per me la luna è la tenuta del Paese, il dito è la vendetta anelata dai giustizialisti o la smania di correre per la poltrona di leader alla quale qualcuno nel Pd non riesce a sottrarsi.Lei è indicato come uno dei trait d’union tra Pdl, esecutivo e Colle: che valore avrebbe la grazia quirinalizia in questa vicenda?A prescindere dagli aspetti tecnici e procedurali che non tocca a me valutare, un gesto in questo senso rappresenterebbe la disponibilità a salvare e preservare la continuità istituzionale. Non solo: è un gesto che mostrerebbe la capacità del sistema politico di dirigere gli eventi e di non abbandonarsi al fatalismo, al "sarà quel che sarà". D’altro canto il presidente Napolitano ha dimostrato la sensibilità per valutare l’eccezionalità dei fatti che stiamo vivendo.A sentirla, la grazia sembra l’unica via d’uscita che lei prende seriamente in considerazione...Non è l’unica, e forse non è nemmeno la migliore. Allo stato appare solo la più praticabile.La lettera di dimissioni dei ministri pidiellini è già pronta e firmata?Non ci sono lettere, ma nessuno di noi è un libero pensatore. Faremo valere le nostre idee nel partito, ma rispetteremo le decisioni prese tutti insieme.
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