venerdì 4 ottobre 2013
​Il segretario chiede la testa di quattro falchi. Oggi la Giunta vota la decadenza. Berlusconi non ci va: «Sarà sentenza politica». Salta la manifestazione.
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«Io un partito con quei quattro lì non posso farlo, non è pensabile». Angelino Alfano e Silvio Berlusconi sono faccia a faccia a Palazzo Grazioli. Sono le 11. La tragedia di Lampedusa, che poi assorbirà per intero il ministro dell’Interno, non si è ancora manifestata nelle sue enormi dimensioni. «E nemmeno è pensabile che tu – aggiunge Alfano –, per la tua storia, affidi il tuo partito a chi ti porterebbe fuori dal Ppe», tende la mano Alfano chiudendo la partita dei nuovi gruppi, ma senza arretrare di un passo. Anzi. Berlusconi capisce che quella dell’ex delfino è una vera e propria Opa lanciata sul suo partito, con l’offerta per lui, al massimo, di un ruolo di padre nobile. A patto che «quei quattro» siano messi in condizione di non nuocere. «Santanché, Verdini, Ghedini e Capezzone», sono i quattro nomi che Alfano fa, uno dopo l’altro.Berlusconi è combattuto. È furioso con Denis Verdini che teneva i conti dei senatori e lo ha mal consigliato, costringendolo alla resa in aula all’ultimo momento quando il rischio di finire sugli scogli era diventato certezza numerica. Ma neanche può restare indifferente al documento di solidarietà che un centinaio di parlamentari "lealisti" hanno sottoscritto ieri, presso la sede di Forza Italia a san Lorenzo in Lucina. Presenti, fra gli altri, Bondi, Santanché, Brunetta, Prestigiacomo, Capezzone e Galan. «Siamo leali a Berlusconi sotto attacco», spiega Daniele Capezzone. Un documento di solidarietà con la promessa di dare battaglia sulla decadenza che oggi, con tutta probabilità, verrà sancita dalla Giunta per le elezioni del Senato (con Berlusconi assente), decisione che poi andrà al vaglio dell’aula. «Sono convinto che otterrò l’annullamento della sentenza dalla Corte europea dei diritti dell’uomo», si dice però ancora convinto il Cavaliere. Lo scontro finale nel partito, insomma, è solo rinviato. Saltano i gruppi autonomi, ma solo per dare tempo ad Alfano di giocare la sua battaglia finale. Salta la conferenza stampa dei ministri - con Alfano partito per Lampedusa - che avrebbero dovuto spiegare la loro nuova iniziativa politica. Ma salta, per scelta di Berlusconi, anche la manifestazione del "siamo tutti decaduti", che avrebbe dovuto sancire la vittoria dei falchi e della linea dura all’interno del Pdl. Saltata la sfiducia, saltano anche le dimissioni dei parlamentari.E Alfano ora si gioca la sua partita forte di una rete di rapporti che si è creato in Europa - anche grazie al ruolo di presidente della fondazione De Gasperi, prestigioso incarico cui è subentato a Franco Frattini - e forte anche dei poteri che nel Pdl sono statutariamente tutti nelle mani del segretario. Raccontano che nel vertice dell’altra notte, quando qualcuno ha tirato fuori questo argomento, sia stato a sorpresa proprio Verdini a confermare: «È vero, hai trasferito tutti i poteri nelle mani del segretario», ha ricordato sconfortato a Berlusconi. Forte di tutto ciò Alfano si sente sicuro, e lo ha fatto capire ieri a Berlusconi, di poter guidare lui il progetto del nuovo partito del centrodestra da costruire nell’alveo del Ppe. Che si chiami Pdl o in altro modo.Un progetto, il nuovo Ppe italiano, cui guarda con interesse anche Scelta civica, con Mario Monti, che vede realizzarsi un processo che, ricorda con rammarico, non fu possibile realizzare al tempo della sua discesa in campo. Ma ad esso guarda anche l’Udc. «Oggi finalmente – dice Gianpiero D’Alia – può nascere una nuova forza politica che metta insieme soggetti responsabili finora compressi e divisi. C’è Scelta civica, c’è l’Udc e c’è questa nuova forza che nascerà dall’implosione del Pdl. Un’area contraria agli estremismi – si dice certo il ministro della Pubblica Amministrazione – che porterà stabilità e rispetto delle istituzioni».
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