martedì 7 maggio 2013
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Dal suo parroco al segretario di stato vaticano. Moltissimi i messaggi di cordoglio e i ricordi grati che si sono levati dal mondo ecclesiale per la scomparsa del senatore Giulio Andreotti. Con parole che sottolineano l’alto profilo politico dello statista, ma anche la sua testimonianza cristiana. In un telegramma alla moglie Livia Danese, il cardinale Segretario di Stato di Sua Santità Tarcisio Bertone, ha espresso, con parole non di circostanza, «sentita partecipazione al grave lutto per la perdita di così autorevole protagonista della vita politica italiana, valido servitore delle istituzioni, uomo di fede e figlio devoto della Chiesa».Il parroco di san Giovanni de’ Fiorentini, don Luigi Veturi, da parte sua ha ricordato come il senatore in passato «tutte le mattine andava a messa», «era un fervente parrocchiano» e «quando si recava all’estero la prima cosa che faceva era quella di farsi portare in chiesa, in qualsiasi luogo o città si trovasse». Andreotti, aggiunge il parroco, «partecipava attivamente alla liturgia insieme alla sua amatissima moglie Livia e spesso, nelle festività più importanti, leggeva sull’altare i brani del Vangelo. Negli ultimi tempi la malattia non gli consentiva questa quotidianità, e allora andavo io a casa sua a portare a lui e alla moglie la comunione. È stato lucido fino all’ultimo giorno, anche se sabato, quando sono andato da lui per la comunione, l’ho visto più stanco del solito ma sempre sorridente e sereno».Anche i cardinali Camillo Ruini, già presidente della Cei e vicario generale emerito di Roma, ed Achille Silvestrini, "ministro degli esteri" vaticano e poi prefetto delle Chiese orientali, hanno ricordato la figura di Andreotti. «Sono sempre rimasto colpito – ha detto il cardinale Ruini – dalla sua saggezza, dal suo senso dell’umorismo e anche dalla sua maniera discreta ma tenace di tenersi agganciato ai valori cristiani. Andreotti non nascondeva la sua fede, non nascondeva il suo credo. Era una persona che sapeva contemperare bene il ruolo istituzionale con le sue convinzioni di credente».Lapidario il cardinale Silvestrini: «È stato un grande statista, non si capisce la storia d’Italia del Novecento senza il ruolo fondamentale di Giulio Andreotti». Sul sito Vaticaninsider il porporato romagnolo lo addita come «eccellente esponente del cattolicesimo politico italiano, vero servitore dello Stato e fedele figlio della Chiesa».«Penso che sia stato un grande uomo politico perché fondamentalmente è stato un grande cristiano», confida l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, monsignor Luigi Negri. E aggiunge: «Tutte le volte che l’ho visto nelle diverse circostanze quando era sistematicamente attaccato nel mondo indegno con cui in Italia si attaccano quelli che sono stati magari messi di proposito in difficoltà, mi ha sempre colpito la sua straordinaria dignità: una dignità umana e cristiana».

Ricorda ad Avvenire l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione, che conobbe da vicino il senatore quando era "cappellano" del Parlamento: «Giulio Andreotti sarà ricordato certamente per le grandi vicende della storia italiana, io amo ricordarlo per i suoi momenti di silenzio e di preghiera semplice nella piccola chiesetta di san Gregorio Nazianzeno, e per i colloqui avuti con lui passeggiando nel chiostro di vicolo Valdina». Ciò detto Fisichella sottolinea come Andreotti è una personalità «che ha amato il proprio paese e che ha vissuto la sua esperienza di politico come una vocazione e soprattutto come testimonianza profonda di un credente».

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