giovedì 5 settembre 2013
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Enrico Letta è certo che non tornerà a Roma senza una risposta sulla Siria. «Per noi è molto importante questo vertice del G20: sulla Siria ci aspettiamo da Putin una leadership che riesca a far fare passi avanti verso una soluzione politica», spiega il premier, sbarcato ieri a San Pietroburgo. E se la soluzione allo stato attuale sembra affidata al presidente russo, la risposta italiana resta comunque legata alla decisione dell’Onu.Intervistato dalla tv Russia 24, il capo del governo italiano concorda pienamente sul fatto che «l’utilizzo delle armi chimiche deve essere sanzionato. Noi – anticipa – auspichiamo una nuova Conferenza di Ginevra» e che si passi «dall’attuale regime ad un regime transitorio. È questo quanto diremo al G20». La via d’uscita, insomma, può essere solo politica e il ruolo della Russia è senz’altro determinante. In sostanza, Putin potrebbe convincere Assad a farsi da parte, nonché ottenere che anche la Siria sottoscriva il trattato contro l’uso delle armi chimiche, che allo stato il regime di Damasco non ha ratificato. «È molto importante – conferma perciò Letta – che il G20 sia operativo, che non sia solo una discussione, ma il braccio operativo del G20 deve essere presente, ovvero le organizzazioni internazionali a partire dal Fmi alla Banca mondiale per applicare le decisioni che si prendono». Altrimenti si correrebbe il rischio «che si torni ad un dibattito senza concretezza».Quanto alla posizione italiana, ricorda ancora il presidente del Consiglio, si muove in «un quadro giuridico per cui non può partecipare senza il consenso dell’Onu e quindi non parteciperemo senza autorizzazione delle Nazioni Unite», sebbene, appunto, l’uso di armi chimiche sia un «crimine» che va «punito». In attesa delle indagini di dovere, però, l’Italia deve affrontare l’emergenza immigrati. Un tema che Letta sottolinea con forza a San Pietroburgo. «La conseguenza delle vicende in Medio Oriente e nel mondo arabo è quella di una grandissima instabilità, con flussi migratori che cresceranno. C’è bisogno che la comunità internazionale fronteggi il problema in modo umanitario ed efficiente», chiede. Anche perché «l’Italia già sta facendo moltissimo, soprattutto per le conseguenze di ciò che è successo in Libia e in Egitto», sottolinea il premier, con l’ennesimo appello alla comunità internazionale a non lasciar solo il nostro Paese a fronteggiare l’emergenza umanitaria. «Per noi il problema dei rifugiati è un dramma, è una situazione allarmante, si tratta di una grande priorità e conto che si possano trovare al G20 soluzioni anche a questo problema».E sul capitolo siriano di certo il capo dell’esecutivo sa di poter contare sull’unanimità del Parlamento. «Lo abbiamo constatato nella riunione congiunta delle commissioni», ricorda da Scelta civica Pier Ferdinando Casini, per il quale «mai il Parlamento è stato unito come in questa vicenda». Tutto il mondo politico si è mostrato «intenzionato a rimanere fuori da un conflitto che rischia di farci cadere dalla padella alla brace, dal momento che ci troviamo di fronte a uno Stato terrorista contrastato da gruppi terroristici». In sostanza, per l’ex presidente della Camera, qualcosa si poteva fare uno o due anni fa, «plasmando un’opposizione per renderla più affidabile». Oggi basta guardare alla Libia, per capire che una via d’uscita non è così semplice.E però, insiste Nicola Latorre, Pd, bisogna spingere per una soluzione da chiudere al G20, «cercando di portare Putin a concordare un’iniziativa per fermare Assad, approfittando che il summit si fa in Russia». Una iniziativa che metta insieme i Paesi europei.Mentre il dibattito resta acceso, comunque, si muove da Taranto il cacciatorpediniere Andrea Doria, mentre è in "approntamento" la fregata Maestrale, per dirigersi al largo delle coste libanesi. Secondo quanto si apprende, lo scopo della missione è quello di tutelare le truppe italiane della forza Unifil schierate nel sud del Libano, in caso di conflitto siriano.
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