venerdì 10 gennaio 2014
Legge elettorale alla Camera dal 27 gennaio. Il premier: patto entro il 20. «È l'ora delle responsailità».
Alfano: se il Pd propone le nozze gay, noi via
Tasi, caso aperto. Scelta civica minaccia la crisi
LA BUSSOLA Sei pretesti per votare il 25 maggio (Picariello)
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​L'altalena non si ferma: un giorno l’intesa di governo è vicina, un giorno è lontana. E ieri per l’esecutivo non è stata una buona giornata: una sfilza di casi politici e parlamentari (dai ministri che potrebbero finire bersagliati da M5S e parte del Pd a Scelta civica che minaccia il «no» all’aumento Tasi) ha costretto il premier Enrico Letta a rivolgere un monito sia alla sua squadra di governo, inciampata troppe volte nelle ultime settimane, sia ai partiti di maggioranza: «Serve un cambio di passo, dobbiamo passare da un 2013 di emergenza ad un 2014 di riscossa», ha detto il premier ai Popolari saliti a Palazzo Chigi per le consultazioni in vista del Patto di coalizione. E poi, rivolgendosi implicitamente a Matteo Renzi: «C’è una nuova maggioranza di riformisti, ci vuole più consapevolezza e responsabilità. Non accetterò ricatti e diktat, né tirerò a campare».Il premier è sì preoccupato e sospettoso (i suoi gli parlano di un piano Renzi-montiani-montezemoliani per mettere sotto il governo in Aula, accompagnato da un patto Pd-Fi sulla legge elettorale), ma non all’eccesso. Anche nei contatti giornalieri con il Colle Letta ha espresso fiducia: Renzi e Alfano cercano di alzare il livello dello scontro, ma il segretario non ha i numeri (basta "leggere" le spaccature nel Pd) per ottenere una legge elettorale fuori dai confini della maggioranza e Alfano non vuole tornare da sconfitto tra le braccia di Berlusconi. «Sigleremo l’Impegno 2014 entro il 20-21 gennaio», è la rassicurazione del premier.Certo, i fatti del giorno non ispirano positività. Il più eclatante è la scelta di Renzi di evitare il faccia a faccia con Letta previsto oggi, rinviandolo alla settimana prossima, nei giorni che seguiranno la direzione Pd del 16 gennaio. Al tavolo il sindaco vuole arrivare dopo aver piegato le resistenze della minoranza dem su legge elettorale e jobs act. Di conseguenza, slitta al dopo-direzione anche il vertice tra il premier e Alfano.Anche l’accelerazione sulla legge elettorale non sembra deporre a favore del governo. La decisione dei capigruppo alla Camera di portare in Aula un testo entro il 27 gennaio è un punto a favore di Renzi. I tempi in commissione Affari costituzionali saranno contingentati, ed Ncd teme che la corsa sia ispirata da una strategia comune del segretario Pd e di Berlusconi. «Ma noi siamo decisivi – ripete sempre più spesso Alfano –. Possiamo far saltare tutto e andare al voto insieme a Berlusconi con il proporzionale (il sistema che verrà fuori dalle imminenti motivazioni della Corte costituzionale, ndr). La nomina di Toti al vertice di Forza Italia è un passo verso di noi...». Un avvertimento per spingere Renzi verso il modello del "sindaco d’Italia", o verso la mediazione offerta dai Popolari (sempre a doppio turno) che riduce i rischi di tagliare le forze medio-piccole aumentando la base proporzionale. E sono diversi i "renziani" del Pd (in primis i ministri Delrio e Franceschini) che stanno lavorando per allontanare il sindaco dal Cavaliere.Il premier scommette che i balletti finiranno il 20 gennaio. E anche Renzi, in fondo, fa seguire ad assalti furiosi messaggi rassicuranti: «Legge elettorale, costi della politica, diritti, lavoro... Sembrava impossibile, eppur si muove. È proprio la volta buona», ha twittato ieri sera. Come a dire che la sua azione sta scuotendo il governo. Pochi minuti dopo l’ufficio stampa Pd torna a smentire imminenti incontri tra il sindaco e Berlusconi. È la logica dell’altalena.
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