mercoledì 2 ottobre 2013
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Per Berlusconi, comunque vada oggi alla Camera e al Senato, sarà un insuccesso. E lui è il primo a rendersene conto. La contesa contro le colombe, a giudicare dai numeri della serata di ieri,  si annuncia persa in partenza. E anche il caso di una improbabile vittoria sarebbe una vittoria di Pirro. Perché l’anziano leader o si dovrebbe rassegnare, facendo buon viso a cattivo gioco, a consegnare di fatto lo scettro di tutto il Pdl ad Alfano, compiendo una clamorosa inversione sulla fiducia al governo, oppure si ritroverebbe alla guida di un partito minoritario compatto e chiassoso, ma totalmente incapace di incidere sullo scenario politico. Chi ha parlato con lui nella faticosa e concitata giornata di ieri lo descrive come molto amareggiato. Soprattutto per la determinazione di Angelino Alfano, l’eterno delfino (accusato tempo fa dallo stesso Cavaliere di «non avere il "quid"») che alla fine ha preso il largo, capeggiando l’ammutinamento. Le rivolte generazionali nei partiti sono fisiologiche, in Italia e nel mondo. E non hanno risparmiato protagonisti assoluti come Alcide De Gasperi, Margaret Thatcher, Helmut Kohl, Tony Blair. Ma nel partito personale fondato da Silvio Berlusconi tutto diventa più complesso. Perché in questo caso non si tratta solo di una successione di una classe dirigente più giovane alla guida del partito, dell’estromissione dalla stanza dei bottoni del leader e fondatore, ma della totale ridefinizione dei confini del centrodestra  e dell’intero sistema politico italiano. In sintesi la vera posta in gioco sembra essere la definitiva chiusura della cosiddetta Seconda Repubblica. I numeri di oggi, al Senato e alla Camera, ci diranno molto sul futuro politico italiano dei prossimi mesi. Ci diranno se e di quanto Alfano e i ministri hanno conquistato la maggioranza del Pdl e misureranno quanto ancora forte è la resistenza di Berlusconi. Ci diranno se e per quanto tempo Letta potrà andare avanti e se avrà o meno bisogno dell’appoggio dei voti di Sel che il premier non desidera. Ma sarà per sempre ricordato come "il mercoledì nero" del Cavaliere. Il giorno in cui la sua straordinaria e invidiata capacità di guida, di uscire con un colpo di reni dalle difficoltà, di tenere le redini, risulterà a tutti appannata. E forse da oggi in poi lo sarà per sempre.
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