giovedì 30 maggio 2013
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​Una «buona notizia», certo. Ma attenzione: la decisione di Bruxelles non comporta di per sé «nessun automatismo» di spesa. In prima battuta Stefano Fassina, viceministro dell’Economia, uno dei politici più critici verso le politiche di rigore finanziario, sembra prudente nel commentare gli effetti della chiusura della procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia. In realtà l’esponente del Pd rilancia una sfida più ambiziosa: va cambiato il segno della politica economica seguita dall’Eurozona negli ultimi anni e che ha avuto, sottolinea, effetti disastrosi e non solo da noi. In questa prospettiva la "promozione" Ue dà all’Italia una maggior forza negoziale che il governo dovrà sfruttare appieno. Nell’immediato, invece, occorre scongiurare l’aumento dell’Iva già programmato da luglio. Uno stop che deve avere la precedenza – questo il messaggio al Pdl – rispetto all’azzeramento totale dell’Imu sulla prima casa, da limitare agli importi medi e bassi. Onorevole Fassina, che succede dopo la promozione di Bruxelles? Qual è il dividendo reale per l’Italia?«La decisione ci mette in condizione di maggior forza per negoziare spazi ulteriori per gli investimenti e per costruire il consenso necessario per cambiare rotta alla politica economica dell’eurozona. Quindi è una buona notizia. Ma in un quadro che non funziona. Non è con qualche decimale in più di deficit che si può aprire una prospettiva nuova. Serve un cambiamento di questa politica mercantilista, che punta tutto sull’export e sulla compressione del mercato interno, della spesa e del costo del lavoro».Il "rigore" però ci ha fatto uscire dalla procedura sul deficit...Come confermano drammaticamente gli ultimi dati Ocse, con questa impostazione non siamo andati da nessuna parte. Non solo la crisi ha prodotti costi sociali altissimi per le imprese e i lavoratori, ma il debito pubblico in 5-6 anni nell’eurozona è aumentato di 30 punti percentuali sul Pil. In Italia siamo al 130%. Avessimo almeno raggiunto l’obiettivo del risanamento, forse si potevano anche pagare questi prezzi sociali. Ma così non è stato. E quel che mi fa rabbia è che non si tratta di un esito inatteso. Questi dati erano prevedibili e sono stati previsti da molti. Ora dobbiamo contribuire a correggere la rotta e concentraci sulle misure per la crescita e il lavoro. Su questo c’è intesa con la Francia e la Spagna, e il premier Enrico Letta sta lavorando con molta energia in Europa per dare forza a questa prospettiva.Le raccomandazioni inviate ieri da Bruxelles non vanno però in questa direzione...Sono sconcertanti, sembrano fatte con la fotocopiatrice, sempre le stesse da anni. È incredibile che non si riconosca che bisogna sostenere la domanda interna, una condizione necessaria per la ripresa. Invece si ripete il mantra liberista della precarietà del lavoro e delle riforme strutturali. È una rotta insostenibile. Va detto con chiarezza che non c’è solo lo spread finanziario. C’è anche uno spread sociale e politico. Stiamo attenti perché la rottura dell’eurozona può arrivare anche da questo fronte.Tornando alla chiusura della procedura Ue, dal prossimo anno non avremo comunque qualche margine di bilancio in più?Qualche spazio si apre per arrivare fino al 3% di deficit, oltre non si può andare. Il governo sta aggiornando le vecchie previsioni di un deficit all’1,8% e l’Ocse prevede già un 2,3%. In questo caso avremo un margine di mezzo punto o poco più.In cifra è meno di dieci miliardi. E per il 2013 come la mettiamo? Dall’Imu all’Iva, agli sgravi fiscali, alle missioni estere, alle aziende pubbliche, il menu è ricco e costoso. Come farete?Sull’Iva confermo la determinazione a evitare l’aumento di luglio. È un’emergenza di cui bisogna tenere conto nella ridefinizione dell’Imu sulla prima casa. Lasciando fuori dall’esenzione il 15% delle abitazioni, quelle di maggior valore, ci garantiamo un gettito di due miliardi di euro, la metà del totale. L’esenzione va fatto fino agli importi medi. I bisogni sono tanti, vanno definite le priorità, poi decideremo in base alle risorse disponibili.Ma il rilancio degli investimenti e del lavoro? Non è quella la vera priorità?Certo che lo è. La proroga delle detrazioni fiscali sulle ristrutturazioni edilizie va in questa direzione, la porteremo a uno dei prossimi Consiglio dei ministri. Un altro capitolo sono le agevolazioni per i privati che investono nelle infrastrutture, previste ora oltre i 500 milioni di euro, una soglia troppa alta che vogliamo portare a 50 milioni. Si tratta di misure che attivano una leva significativa per chi investe. Poi stiamo preparando interventi regolatori, senza oneri di bilancio, per attirare investimenti nelle reti di comunicazione e telefonia.
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