mercoledì 2 marzo 2016

​Ricerca Caritas, Cisl, Sicet: siamo a livelli di guardia. Ci sono 15mila alloggi da recuperare. Delrio: "In 5 anni basta con gli alloggi sfitti". Critiche alle nuove norme sui mutui.

Emergenza casa, 650mila in difficoltà
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Il problema-casa è a livelli di guardia. Alla mancanza cronica di risorse per l’edilizia residenziale pubblica – Italia terzultima in Europa – si sommano gli effetti della crisi. E se nel 2006 gli utenti Caritas in disagio abitativo erano l’11,6%, ora sono il 27%, con un aumento cioé del 133%. Non solo: i due terzi (il 68,7%) ha grandi difficoltà nel pagare l’affitto, il mutuo, anche solo le spese condominiali. È un vero allarme sociale quello che emerge dalla ricerca "Un difficile abitare", il Rapporto 2015 sul problema casa in Italia curato da Caritas italiana, Cisl e Sicet (Sindacato inquilini casa e territorio), presentato dal direttore di Caritas don Francesco Soddu e dal segretario Cisl Annamaria Furlan, assieme al ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. Dure critiche da Soddu e Furlan sul decreto che accelererebbe l’esproprio delle case ai proprietari che non riescono a pagare il mutuo.Lo studio sul problema casa – su un campione rappresentativo di utenti dei Centri di ascolto Caritas e degli sportelli Sicet – è stato presentato dal direttore del centro studi Caritas Walter Nanni. Dunque l’8,5% vive in stanze subaffittate o ha solo un posto letto. Riguardo ai contratti di affitto, l’11,1% non ce l’ha, il 26,6% non ha alcuna ricevuta quando paga, il 32,6% ha ricevute per un importo inferiore.

Metà del campione (47,3%) vive in case «strutturalmente danneggiate», il 43,5% in case di «ridotte dimensioni» il 20,4% poco luminose. Per oltre il 70% affitto o mutuo superano il valore soglia del 30% del reddito. E chi non paga, perde la casa: Il 16% è sotto sfratto o pignoramento giudiziario. L’identikit è quello di una persona al Sud, tra i 50 e i 64 anni, disoccupata, in famiglie di 3/5 componenti, con minori.E il welfare? Fa poco. Solo il 23% usufruisce di qualche misura socio-assistenziale. Il Fondo nazionale di sostegno alla locazione aiuta solo il 10,6%. E in Europa come va? L’Italia col suo 5,3% di abitazioni sociali in affitto è terzultima è sotto la media europea dell’8,3%. In molti fanno meglio: Francia (17%), Svezia e Regno Unito (18%), Austria (23%), Paesi Bassi (32%).Gli sfratti esecutivi in Italia nel 2014 sono stati 77.278 (3.433 per necessità del proprietario, 4.030 per finita locazione, ben 69.015 per morosità). Rispetto al 2013 gli sfratti esecutivi sono cresciuti del 13,5%. Nelle case ex Iacp abitano in 2 milioni: 140 mila disabili, 600 mila anziani, 130 mila extracomunitari. Il 34% ha redditi sotto i 10mila euro annui. Ben 650 mila le domande di casa popolare in attesa.Graziano Delrio accetta la sfida: «Il 2016 deve essere l’anno per la svolta per il patrimonio edilizio residenziale pubblico. La soluzione è offrire più alloggi, recuperare quelli vuoti. Abbiamo stanziato in finanziaria diverse centinaia di milioni per le Regioni per il recupero di oltre 15mila alloggi vuoti di patrimonio pubblico e contiamo di farlo in 18-24 mesi». Per quest’anno almeno 7mila alloggi, mentre l’obiettivo è quello di «non avere nessuna casa sfitta nel patrimonio residenziale pubblico nell’arco di 5 anni».Sul decreto che deve recepire lo snellimento delle pratiche tra banche e proprietari secondo una direttiva europea, don Soddu parla di «codicillo scandaloso», perché «permetterebbe alle banche di diventare proprietarie delle case acquistate attraverso un mutuo se il debitore salta 7 rate, senza passare dal Tribunale. I patti devono essere rispettati, ma è inaccettabile – dice il direttore della Caritas – che in tempo di crisi continuino ad essere penalizzati i più deboli».Concorda Furlan: «Tutto questo aggrava l’emergenza abitativa. È un intervento improprio, sfavorevole a tante famiglie in povertà. Tra un lavoratore che perde il posto e non può pagare il mutuo e una banca, l’anello debole è il lavoratore». Furlan auspica «altrettanta solerzia nell’applicazione di tante altre direttive Ue, da quelle sul "dumping" contrattuale alle differenze retributive tra uomini e donne».

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